Possiamo essere tutto, la recensione

Ci sono forse troppi spunti inanellati rapidamente, scalfendo così solo la superficie dei tanti problemi generati dalla situazione in cui vivono i protagonisti

Carlo Alberto Montori nasce a Bologna all'età di 0 anni. Da allora si nutre di storie: lettore, spettatore, ascoltatore, attore, regista, scrittore.


Condividi

Possiamo essere tutto, anteprima 01

La famiglia Fares si è trasferita ormai da molti anni in Italia ma ancora fatica a essere considerata italiana, per via delle sue origini marocchine e per il suo credo islamico. Se i genitori sembrano essersi ormai abituati, i tre figli stanno ancora scoprendo i timori e la riluttanza che la società ha nei loro confronti, di fronte al loro colore della pelle, ai tratti marcati del volto e al volo che copre i capelli. È difficile sopportare le malelingue a scuola o essere respinti a un colloquio di lavoro solamente a causa delle proprie origini. Possiamo essere tutto racconta queste difficoltà, tratteggiando il precario equilibrio in cui vive chi si trova a metà tra due culture, combattendo costantemente tra la volontà di aderire alle proprie radici e lo sguardo rivolto al futuro.

Le tavole di Alessia Puleo tradiscono il fatto che ci troviamo al cospetto di un esordio nel mondo del fumetto per la disegnatrice: se come illustratrice sembra avere già un impronta definita, i suoi corpi sono legnosi e manca ancora dinamismo nelle sue vignette, il fumetto non trasmette al lettore la sensazione di movimento, come dovrebbe invece sempre fare.

"Ci sono forse troppi spunti inanellati rapidamente, scalfendo così solo la superficie dei tanti problemi generati dalla situazione in cui vivono i protagonisti."Inizialmente Francesca Ceci sembra volerci raccontare la storia dei Fares dal punto di vista del figlio minore Hadi: anche se non è il vero e proprio narratore del fumetto, nelle prime pagine ci presenta le sue sorelle e i suoi genitori dalle pagine di un quaderno, sulle quali scrive cosa piace o non piace a ognuno di loro, in un ritratto didascalico ma essenziale che ricorda gli elenchi de Il fantastico mondo di Amélie. Attorno al tavolo durante una cena il ragazza annuncia alla famiglia di dover scrivere un tema su di loro, installando quella che sembra essere una cornice per il fumetto; la lettura di questo compito sarà effettivamente il momento più potente del volume dal punto di vista emotivo, con pagine in cui il disegno si fa da parte per lasciare spazio esclusivamente alle parole. Questa scena avviene però a due terzi del fumetto, disattendendo la struttura che era stata inizialmente presentata ed escludendo dall'atto finale la voce dominante dei primi due. C'è qualcosa che cigola in questa impostazione, anche se di fatto saranno poi le due sorelle maggiori a dover affrontare i dubbi e le scelte più dure, facendo i conti con il loro non appartenere pienamente a nessun mondo; in Italia non vengono accettate per le loro origini, in Marocco sarebbero in qualche modo respinte perché provenienti da una famiglia che "è scappata".

Arricchiscono il volume tre articoli di una professoressa universitaria di storia islamica, della direttrice del reparto Educazione di Amnesty e di una scrittrice italiana con genitori marocchini; sono tre voci potenti che forniscono più sfaccettature al contesto descritto in Possiamo essere tutto. Se i messaggi che vengono raccontati sono senza dubbio importanti e meritevoli di essere trasmessi a più lettori possibili, è il come che potrebbe generare confusione nel lettore: ci sono forse troppi spunti inanellati rapidamente, scalfendo così solo la superficie dei tanti problemi generati dalla situazione in cui vivono i protagonisti.

Continua a leggere su BadTaste