Plan 75, la recensione

Plan 75 non fa altro che promettere che qualcosa accadrà salvo poi non riuscire né a mettere davvero in crisi i suoi personaggi né a rivelare tramite la loro immobilità qualcosa riguardo lo sfondo sociale in cui vivono.

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La recensione di Plan 75, al cinema dall’11 maggio

Al problema dell’alto tasso dell’invecchiamento demografico il Giappone risponde con Plan 75: un piano governativo che offre la possibilità agli over 75 di avere l’eutanasia in modo sicuro e gratuito. Uno scenario che nelle società contemporanee più capitalistiche (dove la morte è un taboo) funziona come incipit di una distopia, e che Plan 75 di Chie Hayakawa prova a raccontare nelle sue contraddizioni con esiti vaghi e poco convincenti.

Il tema e l’idea sono di per sé decisamente interessanti, ma quello che sembra mancare a Chie Hayakawa è la capacità di fare discorso in un film che è meramente a tema e mai a tesi. Nella prima sequenza il film ci mette nella trincea di un’emergenza (fittizia) che sta colpendo il Giappone, ovvero i continui attentati ad anziani per mano di giovani che danno la colpa ai più vecchi dei vari problemi economici della società. Una forzatura che nella finzione potrebbe anche funzionare, ma che poi Plan 75 lascia cadere nel vuoto adottando uno stile realistico e un tono gratuitamente compassionevole che da questa surrealtà non ricava assolutamente nulla da dire.

I protagonisti sono tre personaggi paralleli: un’anziana che decide di aderire a Plan 75, un ragazzo che lavora per questa macchina governativa e un’immigrata filippina che arriva a lavorarci per pura necessità. I tre personaggi non si incontrano quasi mai, ma le loro storie (nelle intenzioni del film) dovrebbero farci riflettere sulla normalizzazione della morte e il contrasto tra anziani e giovani che nell’incipit si offriva come tema portante del film.

Quello che invece mostra Plan 75 è un continuo atteggiamento di pena verso i suoi personaggi a prescindere dai loro (tra l’altro molto deboli) conflitti. Sostanzialmente non c’è nessuna evoluzione palese o percepibile nelle loro vite nonostante un po’ di cose succedano (ma neanche tanto) e nonostante il finale ci mostri un effettivo cambiamento - ma allora, viene da chiedersi, com’è possibile che non si riesca a capire ciò che il film voleva dirci?

Che si tratti di mancanza di idee (eppure c’erano, all’inizio) o mancanza di struttura narrativa (e viene da pensare che sia qui la grande pecca del film), alla fine Plan 75 non fa altro che promettere che qualcosa accadrà, far sembrare che finalmente qualcosa stia per partire, salvo poi non riuscire né a mettere davvero in crisi i suoi personaggi (la visita di uno zio o l’amicizia con una ragazza non bastano, non come sono raccontati qui) né a rivelare tramite la loro immobilità qualcosa riguardo lo sfondo sociale in cui vivono.

Siete d’accordo con la nostra recensione di Plan 75? Scrivetelo nei commenti!

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