Pirati dei Caraibi: La Vendetta di Salazar, la recensione
La recensione di Pirati dei Caraibi - La Vendetta di Salazar, quinto capitolo della saga con Johnny Depp, diretto da Joachim Rønning e Espen Sandberg
I pirati sono tornati e sono pronti a tutto pur di difendere uno spirito di conservazione anomalo: il diritto a un eterno presente. Non c’è futuro nella vita dei pirati, ma solo un passato scomodo che periodicamente chiede il conto dei danni, estraendo dal cappello gente pericolosa che non perdona uno sgarbo subito in tempi più o meno remoti. Il rifugio, dunque, è un presente avventuroso al quale aggrapparsi con le unghie e con i denti e da reputare indispensabile. A chi dichiara di non essere a caccia di guai non c’è che da replicare “Che orribile stile di vita!”. È proprio questo way of life, in effetti, che i veterani dell’universo dei Pirati rivendicano con orgoglio. I vecchi bucanieri del mare sembrano mostrare uno spirito “conservatore” che non mira a tutelare interessi acquisiti nel tempo ma a preservare uno stile di vita libertario al quale non intendono in alcun modo rinunciare. Ritirarsi a vita privata non è un’ipotesi contemplabile e “avere una rotta” è un bisogno imprescindibile che indica molto più che una semplice destinazione. Per queste persone, andare per mare è condizione necessaria per ricordare a se stesse di essere libere.
Senza preoccuparsi di imprimere un marchio di fabbrica personale al film, Joachim Rønning e Espen Sandberg mirano esclusivamente a consegnare un prodotto spumeggiante e sinceramente riconoscente verso i primi fasti di una saga che hanno amato in tempi non sospetti, prima di raggiungere il successo. Se Rob Marshall non poteva trattenersi dall’inserire nel quarto film una scena “quasi musicale”, con Johnny Depp e Penelope Cruz che dialogavano a passi di danza, qui i registi si divertono a giocare con le leggi della fisica riallacciandosi a ciò che Gore Verbinski proponeva nel duello sulla ruota del mulino ne La Maledizione del Forziere Fantasma. Attentissimo a svilupparsi come un climax, La Vendetta di Salazar è meno intrecciato e più lineare di Ai Confini del Mondo ma decisamente più riuscito e appagante di Oltre i Confini del Mare. Agli occhi del pubblico, Jack Sparrow è ormai un avventuriero talmente navigato che anziché dover stupire a tutti i costi può dichiarare apertamente di non stupirsi più di niente. Dopo quattro film passati a interagire con la più variegata fauna umana dei sette mari e a filosofeggiare sulla vita da pirata, Jack può concedersi un’esclamazione liberatoria e spudoratamente qualunquista che forse vale il prezzo del biglietto.
Così, l’oceano di maledizioni e sortilegi che ha fatto la fortuna del franchise torna a plasmare una missione principale e alcune piccole sottotrame che mescolano con rinnovata freschezza azione e atmosfera. Le nuove scorribande, più che scomodare grandi conglomerati che mirano al controllo dei mari, si affidano alle personalissime faccende che gettano nella mischia avventurieri della prima e dell’ultim’ora. Azzeccando il ritmo e cogliendo nuovamente lo spirito originario dei primi capitoli, il nuovo Pirati garantisce puro entertainment e merita un quinto appuntamento con la saga.