Piove, la recensione
Cinema horror con la schiena dritta, le idee salde ma anche una fatica ingiusta ad arrivarci. Tocca volergli bene subito e perdonare molto
La recensione di Piove, il nuovo film di Paolo Strippoli, presentato alla Festa del cinema di Roma
Superato tutto questo e rimasti a galla, nonostante i colpi presi in faccia da gigantesche onde generate dalla recitazione appena sufficiente degli attori, è possibile finalmente godere di Piove, che in realtà le sue idee e il suo coraggio li ha. La storia è quella di un vapore che esce dai tombini, un male generico che emerge con la pioggia e se inalato trasforma le persone. Non importa cosa sia e da dove venga, importa cosa comporti e come si faccia strada in un condominio, nelle sue storie e nei suoi appartamenti, specialmente in quello di una famiglia che ha da poco perso la madre. La possessione del vapore fa vedere traumi e fuoriuscire demoni interiori spingendo alla violenza efferata, ognuno assecondando il proprio rimorso.
Se infatti i morti viventi di Romero rappresentano ciò che siamo diventati, la parte lobotomizzata dell’umanità che smette di vivere e si fa dirigere dalle convenzioni della società del consumo, dello spettacolo e della persuasione, il vapore di Piove è la possessione dei nostri demoni, siamo noi che possediamo noi stessi, che risvegliamo il rimosso impossibile da affrontare, i desideri repressi ogni giorno, l'odio tenuto a bada e il livore solitamente controllato e ora incontrollato. Un condominio di plagiati dal fumo è solo un posto in cui ognuno dà seguito con le azioni al livore che già ha dentro e che di giorno in giorno è stato coltivato dal mutismo e da mille confronti evitati fino a fiorire nella violenza. Ma questo sarebbe banale se non fosse raccontato con vera violenza e se non trovasse ad un certo punto un’immagine bellissima, fatta di volti che "perdono acqua" dai bulbi in una maniera sorprendente, quasi marcia. È un momento per certi versi anche anticipabile, atteso e forse inevitabile, ma crea una catarsi reale.