Pinocchio di Guillermo del Toro, la recensione
La versione di Guillermo Del Toro di Pinocchio ribalta quello che sappiamo e crea di certo il suo miglior film oltre al miglior Pinocchio
La recensione del Pinocchio di Guillermo Del Toro, in sala dal 4 dicembre e su Netflix dal 9 dicembre
Pinocchio come lo conosciamo sarebbe una storia di ricerca e inseguimento della vita, Guillermo Del Toro invece, con un umorismo che a tratti ricorda quello del miglior Terry Gilliam in questo che è il suo miglior film, ha il coraggio di trasformare la storia di un burattino che vuole diventare di carne, nella storia di una nuova relazione con la morte. La morte apre il film (con il figlio di Geppetto), lo contrappunta (Pinocchio entra ed esce da un regno dei morti concepito da un’immaginazione malata e quindi stupendo), guarda il crocefisso in legno e pensa di essere come lui (ad un certo punto, legato, starà proprio in quella posizione!) e alla fine una coda che come molto nel film non esiste nella storia di Collodi chiude il cerchio di questa revisione del rapporto con il lutto e l’assenza cambiandolo di segno. Ciò che siamo abituati a sentirci raccontare come l’apice della sofferenza diventa a sorpresa un momento di serena accettazione. In mezzo c’è una storia di fascismo e dell’al di là, non tanto quella di una padre e un figlio che si cercano ma una di ribellismo.
Questa volta Guillermo Del Toro ha fatto il vero lavoro di un regista, ha radunato intorno a sé le personalità migliori, aggregando competenze e coordinandole sotto la sua visione e supervisione. La scrittura e le idee narrative sono eccezionali e per chi ha visto Over The Garden Wall è chiaro quanto sia merito di Patrick McHale; il character design di Gris Grimly si accoppia perfettamente all’immaginario gotico e malato di Del Toro, formando una dimensione visiva mai conciliante, mai solita, mai addomesticata, in cui i personaggi migliori hanno un occhio con la cataratta abbassata e le creature mitologiche strane maschere (oltre agli onnipresenti occhi in varie parti del corpo che Del Toro ama).