Picnic a Hanging Rock 1x01: la recensione

Il primo episodio di Picnic a Hanging Rock si muove incerto alla ricerca di una propria identità, affrontando con coraggio l'ingombrante precedente weiriano

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"Esiste il contrario di déja vu. Lo chiamano jamais vu. È quando incontri le stesse persone o visiti gli stessi posti in continuazione, ma ogni volta è come fosse la prima. Tutti sono sconosciuti, sempre. Niente risulta mai familiare." Questa citazione da Soffocare, tra le opere più celebri di Chuck Palahniuk, potrebbe far da epigrafe al primo episodio di Picnic a Hanging Rock, adattamento seriale in perenne fuga dall'ingombrante precedente filmico firmato da Peter Weir in stato di grazia nel 1975.

Rispetto al rigore sospeso della trasposizione weiriana, questa nuova lettura del romanzo di Joan Lindsay si muove su un terreno dai colori saturi, ricusando l'eleganza più sofisticata in favore di un eclettismo stilistico che attinge a piene mani tanto dal surrealismo grottesco di Twin Peaks quanto dalla leziosità pop di titoli come Mean Girls. L'inedita commistione dà vita, in questo pilota, a un ibrido imperfetto e affascinante, che alterna il galoppo ritmato delle sequenze più riuscite - relative al picnic e alla simbiosi sensuale tra le protagoniste e la natura selvaggia - a qualche passo falso che valica il confine del kitsch per sfiorare pericolosamente il ridicolo.

L'uso frequente del ralenti dilata il tempo, stirando i movimenti e distorcendoli dietro una lente che è solo uno tra i molti presagi visuali dell'innaturale sparizione delle tre studentesse e della loro insegnante. Il mood allucinatorio è, finora, quello più convincente tra le diverse tonalità che la serie offre al suo pubblico; meno calzanti risultano, per adesso, i richiami - nella regia e nell'opinabile scelta musicale - ai college movie americani, che stemperano la pesantezza dell'imminente sciagura senza costituire, di per sé, un'efficace alternativa al dramma.

"Siamo a casa del diavolo", afferma una delle giovani protagoniste, e in queste parole c'è forse più di quanto non appaia a un'occhiata superficiale: il mondo naturale, indomito avversario delle umane logiche e delle relative convenzioni sociali, si staglia nella possente incarnazione di Hanging Rock contro un universo fatto di corsetti e regole, punizioni corporali e continua frustrazione delle pulsioni più istintuali. In questo senso, il diavolo cui si allude appare accostabile all'anticristo descritto da Lars von Trier nel controverso horror con Charlotte Gainsbourg e Willem Dafoe.

Anche qui, la contrapposizione tra Ordine e Caos genera tragedia, come emerge nella concitata conclusione del primo episodio; anche qui, le sovrastrutture sociali crollano miseramente sotto i colpi di frusta dell'impero naturale (antitesi recentemente al centro anche della coraggiosa The Terror). Ecco quindi il diavolo delinearsi chiaramente non tanto come forza maligna, quanto come antipode di una religiosità che impregna, con le sue vessazioni, la vita delle ragazzine nel collegio-prigione di Miss Appleyard (Natalie Dormer).

Proprio la direttrice dell'istituto rappresenta, alla luce di questo primo capitolo, il punto più debole della rilettura operata da Foxtel e Freemantle: se l'aver ingaggiato una star come Dormer si inserisce nella scia del jamais vu smarcando il personaggio da qualsiasi reminescenza della matura, solida preside del film di Weir, il mistero che avvolge questa donna, un po' prostituta e un po' (meno) vedova, non innesca nello spettatore una curiosità all'altezza delle proprie ambizioni. È ancora presto per giudicare, ma il fascino di Picnic a Hanging Rock sembra risiedere, qui come nel precedente da cui la serie vuole allontanarsi, nel dionisiaco fantastico più che nel thriller apollineo.

Seppur tra alti e bassi, questo primo episodio dimostra di aver colto nel segno nel suo dichiarato intento di distaccarsi dal cult cinematografico la cui ombra si estende con immutata forza su qualunque possibile adattamento futuro. Mantenendosi a debita distanza dagli indimenticati riferimenti da cui muove i suoi passi, ha il coraggio di lanciarsi alla ricerca di un sentiero nuovo. Accidentato, ricco di insidie e, per questo, causa di frequenti cadute di stile; tuttavia, per ora, un impavido e riuscito tentativo di generare nel pubblico un senso di mai visto. "Niente risulta mai familiare."

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