Piccoli Brividi, la recensione dei primi cinque episodi

Piccoli Brividi intrattiene, stupisce e, a volte, spaventa persino. Un ottimo ritorno dell'inquietante mondo creato da R.L. Stine

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Chi è cresciuto negli anni Novanta ha senza dubbio sentito parlare di Piccoli Brividi, celeberrima serie di libri scritti da Robert Lawrence Stine a partire dal 1992. Per molti giovani lettori si è trattato senza dubbio del primo passo all’interno dell’affascinante mondo del genere horror. Le varie storie, infatti, riuscivano a essere inquietanti, pur mantenendo uno stile adolescenziale in grado di far presa sui giovani. Ogni racconto, inoltre, vantava un inaspettato plot twist finale, in grado di lasciare il pubblico a bocca aperta. Certo, questi colpi di scena erano spesso così folli da compromettere la narrativa dell’intera opera, ma non ha alcuna importanza. Anzi, con il passare del tempo è diventata una bizzarra scelta stilistica della quale i lettori non hanno più potuto fare a meno.

Con più di 400 milioni di copie vendute in tutto il mondo, Piccoli Brividi può considerarsi un franchise letterario di grande successo. Un successo che ha dato vita, dal 1995 al 1998, a una serie TV con ben 74 episodi all’attivo, due film con Jack Black nel ruolo dello scrittore R. L. Stine e ben cinque videogiochi dalla qualità trascurabile. Non stupisce, quindi, che Sony Pictures Television abbia deciso di investire nuovamente in questo brand, portando sul piccolo schermo un reboot dell’intero franchise.

Piccoli Brividi, che vede Rom Letterman e Nicholas Stoller nei panni dei due ideatori, è disponibile su Disney+. Dopo i primi cinque episodi, usciti tutti insieme e dei quali vi parleremo tra poche righe, i restanti cinque verranno trasmessi a cadenza settimanale nelle prossime settimane. Si tratta di un progetto valido o di un mero tentativo di fare soldi facili? Proviamo a dare una risposta nella nostra recensione.

LA PAURA FA (ANNI) NOVANTA

Nel piccolo paese di Port Lawrence cominciano improvvisamente ad accadere cose strane. Visioni di un ragazzo in preda alle fiamme, macchine fotografiche che sembrano prevedere il futuro e maschere che una volta indossate sembrano non volersi più staccare. Quando Isaiah, Margot, Isabella, James e Lucas iniziano a indagare, scoprono che tutti questi avvenimenti sembrano legati alla morte di un ragazzo avvenuta molti anni prima. Una morta della quale nessuna sembra voler parlare e che cela un mostruoso segreto.

I primi cinque episodi di Piccoli Brividi sono quasi tutti incentrati sul presentare i vari protagonisti dello show. Una mossa perfettamente bilanciata e che permette, episodio dopo episodio, di conoscere uno alla volta i vari personaggi, senza però rinunciare al procedere della trama orizzontale. Si tratta di una mossa non solo perfettamente riuscita, ma che riesce a farci empatizzare con tutto il cast, permettendoci di arrivare al quinto episodio con una conoscenza abbastanza approfondita di ogni membro del gruppo. Come se non bastasse, le varie trame verticali che sorreggono ogni episodio sono tratte dai vari romanzi di R. L. Stine, donando alla produzione quel tocco di fan service che, onestamente, non ci aspettavamo potesse essere fatto così bene.

Piccoli Brividi non fa mai davvero paura, ma riesce a dimostrarsi una delle produzioni di questo genere più trasversali uscite negli ultimi anni. Ai più giovani sicuramente salteranno un paio di battiti del cuore con alcuni jump scare, i più sensibili rabbrividiranno davanti ad alcune scene, mentre gli amanti delle storie dell’orrore troveranno l’atmosfera simile ad alcune opere di Stephen King. Insomma: se cercate, letteralmente, “piccoli brividi”, lo show ideato da Letteraman e Staller funziona in ogni singolo aspetto. Con qualche compromesso.

LUCI E OMBRE

Piccoli Brividi è una produzione che, seppur con toni più leggeri, celebra il genere horror. Questo comporta una serie di stilemi tipici di queste produzioni, che vengono integrati con situazioni tipiche da teen drama. Di conseguenza capitano spesso dei "problemi" che potrebbero essere risolti in pochi secondi con un dialogo in più, ma che per amor di pathos vengono trascinate avanti. Altre volte, invece, i topoi dell’horror colpiscono i vari protagonisti, facendo fare loro scelte stupide e affrettate. Nulla di davvero disastroso, ma è necessario scendere a patti con lo show prima di cominciare a guardarlo, evitando così di infastidirsi ogni qualvolta queste caratteristiche vengono a galla.

Uno dei pregi della serie, però, è da ricercare nel variegato cast di attori che interpretano i vari personaggi. Tra questi ci sentiamo di citare soprattutto Miles McKenna, che dà vita alla spalla comica James in grado di emanare stile e simpatia a ogni battuta. Vera chicca della serie, però, è Justin Long nei panni di Nathan Bratt, il nuovo insegnante di inglese. Long, con il suo volto pulito e la goffaggine tipica di un film per adolescenti, si è rivelato una vera sorpresa. Una sorpresa che ci ha fatti sorridere, ma che ci ha spesso lasciati inquietati, dimostrano la bravura di un attore che abbiamo imparato ad amare dal lontano 2001, con Jeepers Creepers - Il canto del diavolo.

https://www.youtube.com/watch?v=uyIJ0kNlp2E

PICCOLI BRIVIDI

Al momento abbiamo potuto vedere solamente i primi cinque episodi dello show, arrivando a malapena a scalfire la trama principale di questa prima stagione. Quanto visto, però, ci ha stupiti. Piccoli Brividi è in grado di intrattenere fondendo commedia, drama, azione e horror. Una miscela perfetta, che viene insaporita dalla miriade di riferimenti alla serie dei libri degli anni Novanta. È vero: in questo periodo ci sono numerosi prodotti di ottima fattura da vedere, ma non sottovalutate la serie disponibile su Disney+. Potrebbe risultare semplicemente perfetta per qualche serata in compagnia in prossimità di Halloween.

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