Philip K. Dick's Electric Dreams "Kill All Others": la recensione

Vera Farmiga e Mel Rodriguez sono i protagonisti di questo episodio di Philip K. Dick's Electric Dreams

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Spoiler Alert
L’episodio è il decimo della stagione su Amazon Video. 

Kill All Others è l'episodio capace di riscattare una stagione intera. E Philip K. Dick's Electric Dreams, che nei suoi episodi precedenti aveva vissuto di alti e bassi, ne aveva indubbiamente bisogno. Si tratta di una puntata affine a Black Mirror – che rimane il punto di riferimento principale, inutile ignorarlo – nel suo nucleo più profondo. C'è un interessante incrocio tra comunicazione mediale e critica sociale, il tutto affondato in una distopia dai riflessi fin troppo riconoscibili. L'uomo solo, il diverso perché consapevole, o consapevole perché diverso, che si scontra con l'apparato sociale e statale, come da sempre nei classici del genere. La sua ricerca di libertà diventa un grido, forse inascoltato, ma solo perché è destinato ad altre orecchie, le nostre.

Philbert Noyce (Mel Rodriguez) è un operaio addetto al controllo sicurezza. Pochi punti di riferimento, vita monotona, l'esemplare zero e forse il destinatario prediletto di una politica totalizzante come quella propugnata all'interno del Mexuscan (meganazione formata da Messico, Stati Uniti e Canada). Eppure è a lui che si rivela la verità contenuta nel messaggio da parte della candidata presidente, interpretata da Vera Farmiga. Nelle parole vuote pronunciate in tv, si nasconde il messaggio Kill All Others, che a quanto pare solo Philbert riesce a vedere in modo palese. Tutti gli altri invece assimilano quasi inconsapevolmente questa scarica di odio destinata a chissà quali “altri”, e agiscono di conseguenza. Gli eventi precipiteranno velocemente.

Il velo della propaganda che cela una persuasione strisciante, diremmo proprio totalitaria, è un classico. Nulla in questo episodio, tratto dal racconto The Hanging Stranger, è davvero sorprendente o nuovo. In modo più approfondito allora potremmo dire che la puntata diretta da Dee Rees funziona perché contiene alcune delle soluzioni visive più d'impatto viste finora. La grande scritta Kill All Others che campeggia su un grande manifesto, e Phibert ad urlare la verità proprio in un momento in cui questa dovrebbe essere palese per tutti, sono immagini di un certo impatto, così come il finale. Kill All Others, come idea di base, è poi figlio di quell'Obey che si rivelava per quello che era in una scena indimenticabile di Essi Vivono di Carpenter.

La scrittura qui riveste una generica critica alla manipolazione e ai messaggi subliminali di considerazioni che abbiamo definito molto contemporanee. Si parla di hate speech, di conformismo, di derive ipernazionalistiche: in realtà è tutto abbastanza chiaro, così come i riferimenti ai classici del genere (per dirne una, la fuga del personaggio che finisce in diretta tv riprende Fahrenheit 451). Il personaggio serve la tematica, quando spesso negli episodi precedenti Philip K. Dick's Electric Dreams aveva fatto l'opposto. Il senso di angoscia tuttavia rimane intatto, grazie alla cura dell'ambientazione, ad un ottimo protagonista, ad una coerenza di fondo nel racconto. Coerenza che, a voler cercare un difetto, a volte scade nella ripetizione di schemi e situazioni, un flusso di momenti quotidiani che diventano sempre più alieni e sempre più distorti.

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