Phantom Project, la recensione

Phantom Project più che come film a sé stante sembra funzionare in tutto e per tutto come il pilot di una intrigante serie young adult sulle vicende di ragazzi della comunità LGBTQ+ di Santiago del Cile.

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La recensione di Phantom Project, su MUBI dal 2 febbraio

Pablo (Juan Cano) sogna di recitare in un film. È un romantico, un sognatore ingenuo, ma deve fare i conti con la realtà di un portafoglio vuoto e un desiderio sessuale represso. Dopo che il coinquilino l’ha lasciato senza pagare gli affitti arretrati (lasciandogli il cane, le piante, un cardigan e un fantasma in casa) Pablo per mantenersi si presta a recitare per strani terapie di gruppo e studenti di medicina. Mentre cerca di dimenticare il suo ex - un famoso YouTuber - gli incontri con altri personaggi bizzarri e altrettanto social gli daranno la forza per voltare pagina.

Scritto e diretto da Roberto Doveris, Phantom Project più che come film a sé stante sembra funzionare in tutto e per tutto come il pilot di una serie young adult, una che racconta tra toni ironici e un pizzico di surrealtà (tutta la suggestione sul fantasma) la vicende di un gruppo di ragazzi della comunità LGBTQ+ di Santiago del Cile. In un’ora e mezza infatti più che soddisfarci con una storia, Phantom Project non fa altro che raccontarci vari aspetti del protagonista, presentarci i suoi amici, i loro problemi, il contesto in cui vivono. Peccato che si tratti di un film, perché tutta la curiosità e l’interesse che il film riesce a creare va inevitabilmente a dissolversi nel momento in cui finisce, dando l’idea di voler chiudere a tutti i costi per mera necessità.

Tolta questa straniante confusione strutturale, c’è da dire che Phantom Project quella costruzione di toni, di contesto e di personaggi la sa fare benissimo. In primis, Roberto Doveris riesce a cucire su Juan Cano un protagonista che sa destare interesse ed empatia attraverso piccole e semplici dinamiche: quello che ne viene fuori è un giovane legato alla famiglia ma desideroso di indipendenza, con il cuore a pezzi per l’ultima storia, incapace di dire no a situazioni che lo fanno stare male. Un personaggio insomma che ci dà l’idea di un’umanità sfaccettata, e che a partire da questa si confronta con altri (una ragazza che fa tutorial di giardinaggio, una cantante, la vicina di casa, il suo ex) in situazioni ordinarie e conviviali che ci immergono totalmente nel mondo raccontato.

Ciò che stride e risulta essere fuori posto è allora proprio tutto l’aspetto surreale sul fantasma che abita la casa, una presenza che viene resa da Doveris attraverso un disegno animato e che, per quanto visivamente carino, è simbolicamente poco chiaro e narrativamente confusionario (cosa rappresenta? Perché? Come influisce sulla vita dei personaggi?). 

Per quanto, quindi, confuso sulla sua forma, Phantom Project è sicuramente una piacevole immersione in un’intimità altrui: goffa, dolce, e un pizzico ammiccante.

Siete d’accordo con la nostra recensione di Phantom Project? Scrivetelo nei commenti!

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