Petrol, la recensione

La storia di una regista in cerca di una protagonista diventa l'occasione per un ritratto di un mondo in cui la magia è ovunque

Critico e giornalista cinematografico


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La recensione di Petrol, presentato al festival di Locarno

Potrebbe sembrare di essere alle prese con The Souvenir di Joanna Hogg per come la giovane protagonista di Petrol abbia al centro della sua vita un film da realizzare e dei problemi da cineasta da risolvere che sfociano in problemi personali da affrontare. Tuttavia è ben presto chiaro che l’aria non è per niente quella del ricordo e della storia personale ma più quella di una forma quasi folkloristica di realismo magico in cui ogni cosa è possibile e il confine tra ciò che esiste e ciò che è immaginato è inesistente, le due dimensioni si mischiano e contaminano di continuo. È la materia dei racconti migliori sul cinema, quelli che trasfigurano una lotta molto ordinaria e fatta di problemi logistici, in qualcosa di trascendentale.

Tuttavia il problema di questo secondo film di Alena Lodkina è semmai la fatica a raccontare. In Petrol non c’è nessuna fluidità o piacere del racconto ma anzi una certa sofferenza nel far avanzare la trama o anche solo gli eventi tra loro affiancati. E ogni buona idea (la realizzazione del film e la ricerca di una protagonista sono un viaggio immaginario e reale al tempo stesso, giù negli inferi) sembra annacquata da una storia che si arena di continuo in pantani dai quali potrebbe uscire (ad esempio) con un impianto di immagini superiore alla media o magari (altro esempio) grazie a performance attoriali molto potenti. Tuttavia non è questo il caso.

Petrol vola solo quando impone con forza un’idea di magia che è vecchia e nuova al tempo stesso (caratteristica tipica di ciò che è eterno), per la quale il magico appare davanti ai nostri occhi non tramite rituali eccezionali ma con la forza dell’ordinario. È nelle persone, è nei luoghi, è nelle piccole cose e sovverte ciò che crediamo della realtà di continuo, con una facilità e un’ordinarietà che parlano di tutto un altro modo di intendere la vita. Uno che viene dal folklore ma anche dalle favole moderne e che questo film applica al set, all’universo dei cineasti e dello sguardo. Ma troppo poco.

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