Petite Maman, la recensione | Roma 16

La storia di due bambine che intrecciano una relazione particolare diventa in Petite Maman un film troppo distante per potervi partecipare

Critico e giornalista cinematografico


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Petite Maman, la recensione | Roma 16

C’è sempre un distacco nei film diretti da Céline Sciamma, uno che di volta in volta è sempre più accentuato, come se il suo stile puntasse in quella direzione. Se già Ritratto della giovane in fiamme si muoveva su territori complicati, non riuscendo sempre a fare di tutto quel distacco un’arma per ottenere il contrario (quando un’aria raffreddata riesce a rendere tutta l’emotività trattenuta con più forza di mille dichiarazioni o mille lacrime), Petite Maman sembra funzionare ancora meno.

Al centro ci sono due bambine. Una è arrivata nella casa dove la madre è cresciuta perché la nonna è da poco deceduta e bisogna sistemare alcune cose; l’altra è quella che lei, giocando nel bosco, incontra. E sono uguali. O meglio, si somigliano moltissimo. Fanno amicizia e cominciano a giocare l’una con l’altra e frequentarsi fino all’inevitabile rivelazione che forse tra tutte quelle possibili è la meno prevedibile (e fa quasi sorridere la naturalezza con cui viene esposta da una delle due).
Non era facile gestire due bambine e raccontarne le emozioni imponendo loro una recitazione grave, ponderosa e sempre molto seria. E infatti uccide molto del coinvolgimento di un film la cui storia è al tempo stesso un classico e un classico rivisitato, ma che capiamo troppo tardi e nella quale non riusciamo mai ad entrare.

Le due attrici bambine ci tengono fuori dal racconto. Non siamo mai una di loro due ma siamo sempre qualcuno che le guarda, Céline Sciamma non vuole il loro di sguardo su una vicenda così particolare, ma vuole tenere il proprio. Solo che mentre le guardiamo non capiamo mai esattamente quel che provano o come lo vivano. I bambini possono tranquillamente essere un modo per raccontare sentimenti da adulti, quel che non possono raccontare sono sentimenti troppo complessi, perché per ovvie ragioni hanno un vissuto limitato e i contrasti che li animano possono essere tanti ma non gli stessi identici di un adulto. Questo invece sembra voler fare Petite Maman: lavorare con delle bambine non al medesimo livello degli adulti ma come se fossero adulte.

Il risultato è un film che flirta spesso con idee sofisticate e intrecci vicini all’anticonformismo ma senza mai una vera ragione, senza riuscire davvero né a sollevare qualche fantasma nascosto nel pubblico (perché per l’appunto non siamo mai una delle due bambine) né a mostrare davvero una situazione o dei caratteri inseriti in una situazione che sollevino le domande più intriganti e gli spunti più affascinanti.

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