Peter Pan & Wendy, la recensione

Forte sull'aspetto visivo, meno su quello narrativo, Peter Pan & Wendy non convince a pieno, ma si salva grazie al lavoro del regista

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La nostra recensione di Peter Pan & Wendy, disponibile dal 28 aprile su Disney+

La buona notizia su Peter Pan & Wendy è che questa volta la mano di David Lowery si sente. Se Il drago invisibile (precedente live action Disney diretto dal regista di The Green Knight) era un prodotto fedele all'originale ma anonimo per quanto riguarda la messa in scena, che qui ci sia maggiore cura è chiaro fin dall'incipit, un piano sequenza di introduzione nella casa dei Darling. Da lì in avanti emergerà con forza il lavoro sull'aspetto visivo, per rappresentare il netto contrasto tra gli angusti interni in ombra e gli ariosi e luminosi spazi aperti dell'Isola che non c'è, di cui vengono esaltate le potenzialità naturalistiche. A livello di regia, Lowery si esalta poi soprattutto nel raccontare il viaggio in volo dei protagonisti, che diventa quasi metafisico, e i passaggi più dark della storia. La cattiva notizia è che tutto questo non basta a rendere Peter Pan & Wendy un film pienamente riuscito.

A giustificare il titolo del live action ci pensa il prologo, che ricalca quello del classico animato mostrandoci però Wendy mentre brandisce la spada di legno assieme ai fratelli: sempre meno semplice narratrice di vicende altrui e sempre di più motore di una storia in cui è protagonista. Quello che seguirà sarà un avventura nell'Isola che non c'è che si distacca molto dalla fonte, fino a uno showdown nuovamente più in linea col precedente adattamento Disney, ma sempre con un sostanziale ribaltamento delle carte in tavola.

Quello che interessa al film è infatti compiere una rilettura della storia nota all'insegna del girl empowerment e di tutti i consueti aggiustamenti per un corretto ammodernamento delle vicende. C'è dunque Trilli interpretata da un'attrice afroamericana (a cui però paradossalmente viene dato meno spazio), un'accurata rappresentazione degli indiani (causa di un disclaimer su Disney+ per il film originale) e un ruolo più attivo anche per Giglio Tigrato, prima solo vittima. Viene poi soprattutto aggiunta una backstory per Capitan Uncino, che fornisce le motivazioni del suo odio verso Peter cercando di dipingere un villain sfaccettato, lontano dalla dimensione macchiettistica del personaggio animato. Aspetti sulla carta interessanti, ma che stonano per la loro programmaticità e per come vanno a minare il fascino alla narrazione. Così, quanto la storia del film animato si sviluppava sulle basi della gelosia tra Trilli e Wendy per il protagonista, qui è guidata invece da un'amicizia un po' stucchevole tra tutte le parti. E se nell'incipit del primo c'era un chiaro tentativo di bacio da parte di Wendy verso Peter, nel live action questo si trasforma in qualcosa di più blando. Come a sottolineare, involontariamente, che a volte i vecchi prodotti sono più audaci di quelli recenti.

Non va meglio anche sul fronte attoriale. Patendo il fatto di non essere più al centro dell'attenzione, il Peter di Alexander Molony (al suo debutto su grande schermo) è incolore e insipido. Ever Anderson (già vista in Black Widow) dimostra già più esperienza, ma non abbastanza per veicolare tutte le sfumature della sua Wendy, rivelando la medesima gamma recitativa della madre . A salvarsi allora è solo Jude Law: senza inseguire il forzato carisma del villain di Hugh Jackman nel Pan di Joe Wright, rende credibile la parabola del suo Uncino, che passa dal minaccioso al patetico. È anche grazie a lui se, nonostante tutte le incertezze, Peter Pan & Wendy non naufraga ma riesce ad arrivare in porto.

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