PES 2019, l'anacronistico, e divertentissimo, calcio di una volta - Recensione
Il calcio di Konami funziona molto bene in campo, meno fuori: la recensione di PES 2019
Lorenzo Kobe Fazio gioca dai tempi del Master System. Scrive per importanti testate del settore da oltre una decina d'anni ed è co-autore del saggio "Teatro e Videogiochi. Dall'avatara agli avatar".
Le simulazioni calcistiche ormai non sono più semplici giochi sportivi, o meglio, lo sono ancora, ma si stanno trasformando in qualcosa di diverso, una sorta di ibrido fra la classica componente simulativa ed una serie di nuove modalità “collaterali” che, di anno in anno, diventano sempre più complesse e interessanti.
Tanto vale dirlo subito: PES 2019 era e rimane solidissimo sul fronte del calcio giocato, con ottime animazioni, controlli fluidi ed una buona intelligenza artificiale. Le fondamenta erano molto solide, già gli anni scorsi avevano dimostrato che la struttura più profonda di PES è di qualità eccelsa, e gli sviluppatori hanno ben pensato di limitarsi a qualche miglioria incrementale, andando a rivedere soprattutto la gestione dei portieri ed alcuni pattern d’attacco che - alla lunga - diventavano troppo ripetitivi.
Nel complesso il grande problema di PES 2019 è uno solo: si sforza tantissimo per inseguire FIFA su un campo che non gli appartiene, per storia, per impostazione ludica e per tradizione di sviluppo. La mancanza delle licenze, come sempre, si fa sentire, ma può essere agevolmente superata con le solite patch, tutto il resto invece appare posticcio e male integrato. Forse gli sviluppatori dovrebbero intraprendere una strada molto più radicale, andando a concentrarsi su quello che sanno fare meglio, ovvero la simulazione dei novanta minuti, eliminando totalmente tutti gli orpelli che luccicano addosso alla concorrenza.
PES, per tornare a vincere, dovrebbe diventare un’esperienza calcistica assoluta, quasi asettica, dove ogni energia viene spesa solo nella ricerca dell’animazione perfetta, del palleggio realistico, del giusto equilibrio fra le varie squadre e, perché no, su una intelligenza artificiale davvero dinamica, capace di proporre partite non solo “difficili” ma pure stimolanti sul fronte tattico.
In caso contrario il rischio rimane lo stesso, comune a tutte le ultime iterazioni di PES, il doversi confrontare con un colosso che - a fronte di un gameplay forse leggermente meno raffinato - può garantire un ecosistema di contorno molto più appagante e immersivo. Rimanendo nella metafora calcistica, PES dovrebbe prendere esempio dalla Croazia degli ultimi mondiali più che dal carro armato francese. Certo, alla fine del torneo hanno comunque vinto i blues, ma Modrić e soci hanno mostrato agli appassionati che pure una squadra più scalcagnata e (molto) meno stellare può andare avanti grazie al bel gioco e alla passione. PES 2019 è ancora capace delle giocate di un tempo, non le ha dimenticate, occorre solo che si concentri su quelle, dimenticando i lustrini.