Person of Interest (quinta stagione): la recensione
Grande fantascienza, grandi temi, grandi personaggi: Person of Interest chiude la sua lunga corsa con un'ultima stagione intensa ed emozionante
Dal 2017 sono Web Content Specialist l'area TV del network BAD. Qui sotto trovi i miei contatti social e tutti i miei contenuti per il sito: articoli, recensioni e speciali.
Una delle più grandi intuizioni di Person of Interest è stata quella di ridurre temi universali ad una visione particolare, "irrilevante" se vogliamo, e di integrare il tutto nella trama stessa, facendone uno degli snodi ideologici principali. Tutto parte da qui, da un ragionamento terribilmente umano che contesta la più logica e fredda delle conclusioni: il bene universale vale sempre di più del bene del singolo. Per un occhialuto programmatore rimasto scosso, come tutti, dopo l'undici settembre, questo discorso ha iniziato a valere sempre meno. Un concetto che si è riversato a poco a poco nella sua creatura, la Macchina che, in contrapposizione al freddissimo Samaritan, riduce le persone a numeri solo per comodità, ma poi si fa in quattro per aiutarle.
Samaritan sceglie un bambino per manifestarsi, la Macchina ha sempre vissuto un rapporto di genitorialità con il suo Creatore. Da questo creatore infine si emancipa, fino a ingannarlo in un momento sinceramente emozionante di un finale che regala tantissime emozioni. Ogni tanto la serie ricade nella struttura episodica delle prime stagioni, ma in generale questo è un arco narrativo che si prepara, e ci prepara, continuamente alla conclusione. E che nel suo percorso si permette anche alcune deviazioni eccezionali: quando a fine 2016 ci troveremo a fare il bilancio degli episodi migliori dell'anno, il meraviglioso 6,471 non potrà mancare.
Questo era Person of Interest. Piccola, grande fantascienza, serie sempre più matura del suo apprezzamento generale, temi profondi mai trattati con banalità, personaggi in grado di rimanere nel cuore. Anche quelli che un cuore umano non ce l'avevano.