Person of Interest (quarta stagione): la recensione

La recensione della quarta stagione di Person of Interest: arriva lo scontro tra la Macchina e Samaritan

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Spoiler Alert
"Strano gioco. L'unica mossa vincente è non giocare"

Ha sempre avuto un po' il sapore della fantascienza vecchia scuola il nostro Person of Interest, tra personalità cibernetiche che raggiungono vette tra il divino e il magico, eroi urbani che se la cavano per il rotto della cuffia, ma soprattutto possibilità sconfinate e al momento irraggiungibili poste con garbo e calate in un contesto quotidiano. Quella fantascienza al confine tra meraviglia e fantasy, spielberghiana di nascita (e l'idea di Minority Report è uno dei riferimenti iniziali), oggi abramsiana di adozione, la stessa che avevamo amato in Fringe e che da quattro anni ci intrattiene, con i suoi alti e bassi, sulla CBS. La quarta stagione di Person of Interest ha continuato con coerenza su quella scia, tra una programmazione a singhiozzo e scelte di trama discutibili, ma riuscendo a mantenere alta l'asticella dell'intrattenimento e della qualità. Una serie facile da amare.

Ogni annata ha sfruttato le potenzialità cangianti della serie, mantenendo intatto il proprio nucleo da procedurale con la ricerca e il salvataggio degli irrelevant, ma al tempo stesso sostenendo una trama orizzontale sempre più forte, quest'anno determinante. È lo scontro fra due dei, la Macchina e Samaritan, forse due lati della stessa divinità, due espressioni di una mente superiore che è lo specchio di chi l'ha creata. Harold, John, Root e Shaw hanno affrontato la loro sfida più difficile, giocando il ruolo di braccio armato della parte più debole nello scontro, quella con dei limiti, perché più buona, perché dotata di principi, perché più simile all'uomo. Attorno a loro semplici e banali casi umani, in realtà spesso legati alla trama principale, fazioni contrapposte e una serie di inattesi e graditi ritorni sotto forma di reincontro, flashback o allucinazione. Breve manifesto di una serie in cui tornano tutto e tutti, e in cui l'esito, nonostante i pronostici sfavorevoli, è ancora tutto da scrivere.

Partiamo dalla conclusione, di fatto totalmente opposta nelle conclusioni agli eventi che avevano posto termine alla seconda stagione, quando la Macchina era stata liberata. Quella conclusione, in cui riecheggiava il finale di Ghost in the Shell, è stata ribaltata nel season finale YHWH, che ha visto, per dirla nelle parole di Root, il genio tornare nella lampada. Per sfuggire alla distruzione, la Macchina è stata compressa e ridotta ai minimi termini, contenuta in una valigetta che, fino alla sua apertura, non rivelerà il suo contenuto di vita o di morte. Praticamente il gatto di Schrodinger di cui la stessa Root parlava in M.I.A., con la scrittura che già guardava al finale della stagione. La lunga fase di preparazione di Samaritan, tramite Green, giunge infine al termine, con il fantasma di una distopia moderna pronta a calare sul mondo con nessuno a fermarla. La quinta stagione di Person of Interest avrà 13 episodi, meno del solito, e probabilmente sarà del tutto incentrata sulla trama orizzontale: come Fringe. Se condividerà anche il fatto di essere quella conclusiva non lo sappiamo ancora.

I temi e le riflessioni sono quelle classiche e ben note agli spettatori della serie: il costante dibattito tra sicurezza e libertà personali, tra bene e male, tra etica e necessità stringenti. A più riprese Finch si rivolgerà, soprattutto a Root, per cercare di convincerla dell'inumanità della sua creazione, del fatto che per essa ognuno sia sostituibile, che non sia possibile, nonostante i suoi tentativi, tradurre in termini numerici i precetti morali che distinguono l'uomo da qualunque altra creatura. Verrà smentito. Certo, rimane sempre il dubbio, esplorato innumerevoli volte nella fantascienza, se reazioni simili a quelle umane debbano essere giudicate tali o se si tratta appunto solo di imitazioni, ma non è questo il punto. Negli episodi conclusivi la Macchina raggiunge un grado di personificazione e caratterizzazione mai toccato prima: i contorni spariscono, è l'illusione nell'illusione di noi spettatori, ma funziona bene.

È significativo che, nel momento in cui il supercomputer diventa più umano, diventa anche più debole e fallibile, mentre il suo opponente, dall'aura più divina e onnipotente, rimane inarrestabile. Si può perdere tutto, tranne la propria umanità, o, per dirla con Finch, "fino a che punto si può compiere il male in nome del bene? Qual è il limite?". Due spartiacque fondamentali sono stati l'accoppiata di puntate The Cold War e If-Then-Else, in qualche modo manifesto di ciò che funziona e non funziona nella serie. Per un momento a lungo atteso, e anche riuscito, come l'incontro tra i due dei, ci sono dubbi sulla gestione della scena e degli avatar che li rappresentano da parte delle due intelligenze artificiali. Per un episodio emozionante, teso e dalla chiusura d'acciaio come il secondo citato, a metà fra Source Code e Edge of Tomorrow, ci sono cadute nella solita gestione "fantasiosa" dell'action. A proposito, il God Mode – ma possiamo chiamarlo anche Berserk per quel che vale – è esaltante da un lato, ma è (letteralmente!) un deus ex machina non da poco, considerato che parliamo di una serie dove i nostri sono praticamente dei carri armati ambulanti in grado di schivare le pallottole meglio di Neo.

L'affetto per i personaggi rimane intatto, ma anche loro hanno avuto le loro cadute. In particolare Root, che da jolly impazzito è stata incamerata e in qualche modo soffocata nel gruppo, ma anche Shaw, la cui uscita di scena e gestione nella seconda parte di stagione – soprattutto per motivazioni esterne allo show – non sono state eleganti. Gestito bene invece il rientro e riassorbimento dei vari punti fermi delle scorse stagioni: Elias, impegnato nello scontro con la Fratellanza, Control, che finalmente apre gli occhi, lo stesso Caleb, che torna in un momento decisivo, per concludere con un momento nostalgia nell'introspettivo episodio Terra Incognita nel quale rivediamo Carter.

Non lo sappiamo ancora, ma probabilmente il prossimo anno sarà l'ultimo della serie. Imperfetta, ma umana, per questo così facile da amare.

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