Il Permesso - 48 Ore Fuori, la recensione
Diviso in 4 storie, Il Permesso - 48 Ore Fuori è cinema criminale d'altri tempi che cerca di rappresentare diverse anime del genere senza centrarle mai davvero
Il criminale dal volto duro e la vita disperata di Argentero (per la prima volta davvero in un personaggio senza scampo e senza note serene ma purtroppo mai in grado di dargli anima, nonostante abbia centrato con impressionante determinazione il fisico e il portamento, sopracciglia inarcate incluse) in cerca di una donna perduta, una prostituta che non si trova più e per la quale tornerà ai combattimenti illegali; la ragazza di famiglia ricchissima, finita in galera per aver contrabbandato cocaina, ritroverà il medesimo vuoto che aveva lasciato; il ragazzo arrestato per rapina che non ha fatto il nome degli amici e li ritrova come bimbi sperduti, da soli, in balia di nessuno, padroni di se stessi in una vita senza regole, pronti ad un altro colpo; infine Claudio Amendola stesso, anziano e storico criminale dentro da 17 anni, che in un segmento autunnale e eastwoodiano trova un figlio cresciuto e avviato sul suo medesimo percorso.
Il problema di Il Permesso - 48 Ore Fuori infatti è che in ogni momento carica oltremodo sulle spalle degli attori una teatralità nemica del genere cui far riferimento, invece che lavorare di rarefazione, ambienti, atmosfera e un senso di perdizione onnipresente, sceglie un approccio molto vecchio stampo (come del resto è il film).
Non aiutano certo le musiche che sembrano uscite da un film anni ‘80 a budget contenuto, né il loro uso. Specie nel segmento di Amendola la maniera in cui la colonna sonora si rapporta alle immagini è puro Vanzina dei tempi d’oro, un contrappunto per similitudine che arriva a rafforzare le emozioni già sbandierate sui primi piani. Amendola stesso sembra qui ai minimi come attore, spento e incapace di quella forza anche silente che gli si riconosce (senza andare troppo indietro basta il suo ottimo personaggio di Suburra), probabilmente in difficoltà dal doversi dirigere da solo.
Sommando tutto, il risultato è allora un film che mostra bene quanto il nostro cinema stia maturando quanto a rapporto con il genere (ambienti, fotografia, toni, uso delle comparse e luoghi sono tutti perfetti) ma quanto ancora debba lavorare su dialoghi e recitazione per raggiungere un livello medio produttivo quantomeno credibile.