Perfetta illusione, la recensione

Materiale "basso" raccontato con una messa "alta", Perfetta illusione è un noir stilizzato che nasconde un'anima marcia

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La nostra recensione di Perfetta illusione, al cinema dal 15 settembre

Se mai Perfetta illusione dovesse arrivare su Disney+, possiamo ipotizzare che otterrebbe il disclaimer "personaggio femminile detestabile". Quelle che ruotano attorno al protagonista del film sono infatti figure a prima vista semplicemente ingenue, sue succubi e vittime, che poi diventeranno carnefici, ma (per una volta) senza che questo si traduca in pietismo nei loro confronti. Il ritorno alla regia di un lungometraggio per Pappi Corsicato, a dieci anni di distanza da Il volto di un'altra, è nuovamente l'occasione per raccontare infatti una beffarda rivalsa di donne verso l'uomo, in cui le prime vanno incontro a catarsi nel finale mentre quest'ultimo rimarrà incatenato ai propri sogni. Per mostrare le perversioni dell'alta società, dal mondo delle cliniche estetiche a quello dell'arte milanese.

Toni (Giuseppe Maggio) lavora come inserviente in un lussuoso albergo, ma, proprio quando ottiene una promozione, perde il lavoro, a causa di una gaffe ingiustificabile. Decide di non dire nulla alla moglie Paola (Margherita Vicario) e dopo diversi tentativi trova un'occupazione proprio da Chiara (Carolina Sala), la ragazza causa del suo licenziamento. Lei, che si occupa di organizzare eventi culturali, vede in lui, da sempre appassionato di pittura, una promessa a cui dare una chance, e i due finiscono per innamorarsi, allestendo una rete di inganni e bugie.

Corsicato rimane un oggetto misterioso nel panorama del cinema italiano. Qui prende consapevolmente un materiale di partenza di livello "basso" per personaggi e situazioni, che mescola noir e melò presi come contenitori scheletrici, da far contrastare con una messa in scena "alta". Da una parte c'è un banale triangolo amoroso, un marito che si sente insoddisfatto dalla sua vita perfetta ma soffocante, colpi di scena del tutto improbabili. Dall'altro, musiche operistiche, scelte ardite di regia e montaggio che accompagnano tutta la vicenda. Stacchi improvvisi e focus su dettagli, articolati movimenti di macchina sono gli strumenti prediletti dal regista per esplicitare la propria mano e il proprio occhio. Il suo obiettivo è giocare con le attese e poi ribaltarle, scavare sotto le luccicanti apparenze.

La ricercata stilizzazione di un genere e di un microcosmo crea infatti un ulteriore contrasto, tra la patina elegante dei colori (degli abiti, dell'autunno milanese, delle abitazioni) con il marcio che emerge piano piano. Questo riguarda il protagonista, creatore di una ragnatela in cui poi rimane intrappolato, e la stessa società aristocratica, che schiaccia chi sta sotto e cerca di avvicinarsi. Così Perfetta illusione è anche un film dagli echi peeliani, per come mostra il feroce sfruttamento intellettuale e fisico. Un horror dalla forma limpida di una semplice love story che nasconde un'anima malsana, ritratta da uno sguardo clinico e cinico che non ha deferenza né commiserazione verso i suoi personaggi.

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