Perché ho ucciso Pierre, la recensione
BAO ristampa in una nuova edizione Perché ho ucciso Pierre, l'emozionante storia autobiografica vincitrice del Premio del Pubblico ad Angoulême...
Carlo Alberto Montori nasce a Bologna all'età di 0 anni. Da allora si nutre di storie: lettore, spettatore, ascoltatore, attore, regista, scrittore.
La prima parte è strutturata come un semplice diario d'infanzia, a metà tra Gian Burrasca e Le petit Nicolas, anche se il piccolo protagonista non è affatto un monello, dato che si limita a osservare quasi timidamente gli adulti e i diversi input culturali che cercano di trasmettergli. Da una parte ha una nonna cattolica e severa che insiste per avvicinarlo alla religione, dall'altra ha due genitori hippy decisamente più liberali e che lo portano in vacanza al lago con amici di famiglia abituati a nuotare nudi a stretto contatto con la natura.
Questa esperienza traumatica diventa inevitabilmente l'oggetto centrale del fumetto, che prosegue raccontando come quei pochi ma interminabili minuti abbiano segnato per sempre la vita di Olivier. L'autore ci racconta come è cresciuto, come si è rifatto una vita, come ha saputo trovare la felicità, ma l'eco del gesto compiuto da Pierre continua a risuonare nella sua mente e influenza le sue azioni e il suo rapporto con la religione. La narrazione assume inevitabilmente un'atmosfera meno spensierata e anche i momenti di vita quotidiana non hanno più la leggerezza delle prime pagine, visto che l'accaduto torna a spuntare nell'inconscio del protagonista, raccontato in modo realistico ed efficace, come solo chi ha vissuto un'esperienza di questo tipo sulla sua pelle può raccontare.
Il fumetto da ricordo diventa così cronaca di una giornata vissuta proprio in funzione della sua stessa narrazione; la volontà di raccontare questa storia ha fornito a Olivier la sua conclusione, di certo inaspettata, e che non sarebbe mai stata possibile se l'autore non avesse deciso di esternare la sua esperienza. I disegni di Alfred sono ricchi di soluzioni grafiche adatte a veicolare le forte sensazioni del protagonista: si passa da disegni stilizzati utilizzati nelle sequenze più solari a tavole più espressioniste, con segni che si intrecciano e vignette che si inclinano, per tradurre visivamente il turbamento del giovane Olivier. Ma è proprio nel finale che le tavole si concedono alcune libertà e allontanandosi dal linguaggio fumettistico riescono a regalare i momenti più emozionanti; potrà sembrare assurdo, ma la sequenza più intensa di tutta l'opera è composta da una decina di pagine in cui non viene mostrato alcun personaggio, ma sono sufficienti i paesaggi della colonia estiva e le didascalie per restituire al lettore l'angoscia e il raccapriccio di un epilogo che, forse per pudore, si è preferito non mostrare.