Per un Figlio, la recensione
Con aspirazioni anche troppo elevate, Per Un Figlio racconta una madre e un figlio tra due generazioni, l'integrazione mentre avviene
Per Un Figlio è esattamente questo, il racconto di una madre e un figlio che vivono in Italia a cavallo tra due generazioni completamente diverse. Lei con un piede nei costumi, nei modi e nella cultura in cui è nata, lui con un tutti e due i piedi in quella italiana, animato da un certo disprezzo per quelle diversità che porta nella pelle e nel volto che crede gli impedisca di essere come gli altri.
Il film di Suranga Deshapriya Katugampala (il cui nome tradisce l’origine cingalese) è per l’appunto un’opera a budget molto basso, tarata su standard molto autoriali che però solo a tratti è all’altezza delle proprie aspirazioni o è anche solo in grado di dare un senso al proprio racconto.
Per Un Figlio ha ad esempio una fantastica maniera di suggerire la presenza religiosa tramite l’esibizione di elementi e dettagli di diverse divinità nello sfondo e nell’arredamento, senza mai menzionarli, creando ambienti in cui la presenza del divino nelle vite quotidiane è così radicata da sembrare scontata. Dall’altra parte però la sua opposizione molto basilare tra madre e figlio, la prima dedita unicamente al dovere, capace di dormire su una sedia per lasciare il letto al figlio, e il secondo dedito unicamente al piacere, al cazzeggio con gli amici, apparentemente incapace di assumere delle responsabilità, non rende giustizia a quella relazione complessa che il film desidera raccontare.