Pensati sexy, la recensione

La presenza di Valentina Nappi forniva a Pensati sexy un'occasione fantastica che viene tritata dalla peggior ipocrisia registica

Critico e giornalista cinematografico


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La recensione di Pensati sexy, il film di Prime video con Diana Del Bufalo e Valentina Nappi

Che presenza Valentina Nappi! Lo sapeva già chi ha visto Queen Kong o Io sono Valentina Nappi, due film diversi dal porno (anche se non troppo lontani) girati da Monica Stambrini intorno a lei, esplorazioni da cinema d’autore in cui Nappi esce fuori con una potenza fisica dirompente. E anche in Pensati Sexy, un film mainstream, una commedia femminista con risvolti sentimentali, la sua presenza scenica non perde in potenza, anzi anche da ferma è anima ed elettrizza le singole scene. Non è solo questione di retropensiero degli spettatori (che sanno cosa fa di solito, in che maniera e con quale potenza), è proprio una capacità di ingaggiare un rapporto con l'obiettivo che la impone all'attenzione dello sguardo.

La storia intorno a lei è quella di una ragazza che non si sente bella perché non ha un fisico magro, che sente di avere forme sbagliate o chili di troppo (Diana Del Bufalo, che ironicamente usa controfigure quando viene mostrato il fisico del personaggio o imbottisce i vestiti, perché in realtà ha un fisico in linea con i modelli di bellezza occidentali e la regia non sa nasconderlo) e dopo aver mangiato una torta alla marijuana e aver guardato un porno con Valentina Nappi inizia a vederla accanto a sé. È una proiezione della propria mente che le dice cosa fare, la aiuta e soprattutto le fa superare il blocco che ha nei confronti degli uomini, di cui è succube, ma anche di migliorare la propria condizione lavorativa. Questa della proiezione mentale che prende la forma di un personaggio iconico è una grande idea. Infatti è di Woody Allen.

Il resto del film fornisce l'impressione che una sceneggiatura traballante sia stata messa in scena nella maniera peggiore possibile. Anche scartando i doppi sensi da scuola media messi in bocca Valentina Nappi e il fatto che non è stato fatto un lavoro dedicato di direzione della sua recitazione (non sono state corrette impostazione, toni e modi che funzionano nel porno ma non nel cinema per tutti) e quindi non recita in tono, è proprio la maniera in cui sono vestiti i personaggi, sistemate le scenografie, scelti i colori (il film porno che la protagonista guarda è illuminato da qualcuno che non sa cosa siano i film porno) a distruggere tutto. Questo è un film che fornisce l'impressione che chi l'ha fatto non conosca le situazioni, i posti o le ambientazioni che riprende se non per averle viste in altri brutti film italiani.

Il peccato peggiore di Pensati sexy però è di non avere uno stile vero e non accettare di non averlo. Mettendo in pratica l'assunto che professa la sua Valentina Nappi il film si pensa sofisticato. Ma non lo è. Si trovano diverse ossessioni di Michela Andreozzi già presenti in Genitori vs influencer, a partire dalla puerile condanna dei social network fino a una visione di comodo di come sono e cosa fanno gli influencer (visione perfetta se l'obiettivo è svilirli). Eppure la contraddizione peggiore che anima Pensati sexy rimane quella di girare un film che funziona come un inno all'onesto lavoro intellettuale, ma farlo senza nessun lavoro intellettuale sui personaggi (con una personalità potente come Valentina Nappi in forza sarebbe stato possibile mettere vicino alla protagonista dei personaggi maschili complicati e probanti, invece sono solo sagome a cui tirare freccette), sulla sessualità o anche solo sul ritmo e il montaggio delle situazioni.

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