Penny Dreadful 2x10, "And They Were Enemies" - La recensione

Chiude in bellezza la seconda stagione di Penny Dreadful, con i protagonisti sull'orlo dell'ignoto, proiettati verso orizzonti (interiori e non) sconosciuti

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Spoiler Alert
Per descrivere in poche parole And They Were Enemies potremmo dire "tutto è bene quel che finisce bene", con un pizzico d'ironia che non stonerebbe affatto con i momenti più leggeri e faceti di Penny Dreadful. Ma il finale di questa seconda, splendida stagione è tanto bello quanto in contrasto con l'accezione più comune della parola bene. Se, infatti, la puntata vede la definitiva sconfitta della perfida villain Evelyn Poole a opera di un Ethan Chandler in versione lincantropo, il resto dell'episodio è dedicato alle tragiche conseguenze di tale vittoria. Non c'è tempo per gioire di uno scampato pericolo, infatti, che nubi ancora più oscure si affacciano sull'orizzonte incerto dei nostri travagliati protagonisti.

La morte di Evelyn libera subitamente Sir Malcolm e Victor Frankenstein dalle allucinazioni che li stavano trascinando al suicidio, ma non certo dai propri fantasmi interiori. Se il nobile risolve di compiere, infine, l'agognato viaggio in Africa per dare degna sepoltura al figlio Peter, il giovane dottore deve constatare non solo il raggiro da parte di Lily/Brona, ma la sua ormai consolidata alleanza con Dorian Gray. A nulla valgono i suoi proiettili contro la coppia diabolica appena formatasi, che risparmia la vita al ragazzo solo per poterlo presumibilmente vessare nella terza stagione. Quel che si dice passare dalla padella alla brace. L'ex persecutore di Victor, Calibano alias John Clare, si vendica infine dell'inganno ordito ai suoi danni dall'avida famiglia Putney, massacrando padre e madre e risparmiando la vita alla cieca Lavinia, in quello che solo a un'occhiata superficiale può sembrare un gesto di clemenza. Finalmente libero, anch'egli sembra seguire inconsapevolmente l'esempio migratorio di Malcolm, seppur con intenti ben diversi: in accordo con la fonte letteraria che ne è ispiratrice, la Creatura si congeda da Vanessa in una scena sobria ma toccante e si avvia, su una nave, verso l'estremo Nord invaso dai ghiacci. Migra anche Ethan, suo malgrado: il suo piano di costituirsi alle autorità per poter essere giustiziato si rivela essere infatti fallimentare, nel momento in cui l'ispettore Rusk gli mostra l'ordine di estradizione in proprio possesso da varie settimane. L'uomo è quindi costretto a lasciare l'Inghilterra in una gabbia, diretto verso la propria terra d'origine, incontro a un destino più che mai difficile da decifrare. Con ben tre personaggi in partenza verso terre finora inesplorate dalla serie, la terza stagione - già confermata da qualche settimana - si preannuncia come fortemente innovativa sia per scenari che per situazioni drammatiche, con la "famiglia" di Penny Dreadful ormai frammentata dalla deflagrazione di una bomba innescata da tante mani diverse.

Certo, Vanessa Ives ha scoperto il proprio potenziale demoniaco e come rivolgerlo contro il Maligno in (quasi) persona. E se il dialogo tra la giovane e la propria effigie in versione bambola, sulla carta, avrebbe potuto destare non solo perplessità ma addirittura qualche risatina di scherno, l'effettiva resa della scena tocca picchi di potenza emozionale notevolissimi. In una visione che ricorda intenzionalmente L'ultima tentazione di Cristo, a Vanessa viene prospettata una vita felice al fianco di Ethan, con due bei figli, in una casa ricca e luminosa, in un mondo nel quale Mina e Jonathan Harker sono ancora vivi, vegeti e sposati. Il quadretto familiare commuove la donna per pochi attimi, prima di spingerla a una secca ma dolorosa constatazione: quella vita non fa per lei, non più. È la parabola messianica rovesciata, quella che ci mostra John Logan, in cui la matrice cristomorfa di Vanessa viene a galla nel momento dell'estremo sacrificio di sé non in nome del Bene, ma in nome di quel Male che ha sempre combattuto. In quest'ottica, assume ancor più valore l'emblematica scena di chiusura, in cui, letta la lettera lasciata da Ethan prima di andarsi a costituire, Vanessa brucia il proprio crocifisso, accettando - nell'improvvisato Getsemani che è casa Murray - il proprio destino, bevendo dall'amaro calice della solitudine e, peggio, della dannazione. La solitudine della ragazza è quella dei grandi santi o dei grandi dannati: la terza stagione potrà forse chiarire a quale tra queste categorie, mai state così vicine, la tormentata Vanessa appartenga. Per il momento non resta che constatare la superiorità, in queste battute finali, della seconda stagione rispetto alla prima, a dispetto di un andamento forse meno coeso ma a fronte di una climax di dramma che ha accelerato il corso degli eventi negli ultimi episodi, mostrando in modo inedito e accattivante come sconfiggere il Male non porti, automaticamente, al conseguimento del Bene.

In questo clima di incertezza morale hanno sempre vagato e continuano a vagare i nostri protagonisti, persi in un limbo che li vede non più uniti nella diversità, ma soli nella consapevolezza della propria mostruosità. "Camminiamo soli", scrive Ethan e ripete Vanessa alla finestra, abbandonata dagli amici e allontanata(si) dal proprio Dio; e viene spontaneo parafrasare gli immortali versi di John Donne invertendone il senso, e concludere che in Penny Dreadful "ogni uomo è un'isola", o peggio una zattera alla deriva, solo incidentalmente sfiorata dalla solidarietà di altri relitti a essa affini.

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