Penny Dreadful 1x01 "Night Work": la recensione

Penny Dreadful debutta con un pilot riuscito, inquietante e ben diretto

Dal 2017 sono Web Content Specialist l'area TV del network BAD. Qui sotto trovi i miei contatti social e tutti i miei contenuti per il sito: articoli, recensioni e speciali.


Condividi
Le premesse alla base di Penny Dreadful non erano delle più incoraggianti. Ennesima incursione nella mitologia horror della letteratura vittoriana, il gotico che ancora una volta torna in vita – a volte, letteralmente – rielaborando parzialmente se stesso, nuova variazione sul pastiche già realizzato da Alan Moore negli anni '90 con la sua Lega degli Straordinari Gentleman. E tutto questo senza contare che, negli ultimi tempi, l'orrore televisivo è stato raramente all'altezza delle aspettative (Salem, anyone?). Tuttavia il nuovo prodotto di Showtime sorprende e convince, distinguendosi fin da subito per il cast di alto livello, per l'approccio elegante al materiale originale, per la cura artistica riservata alla ricostruzione del grigiore della Londra di fine Ottocento. Il furore di personaggi letterari esplorati in ogni loro sfumatura trova una nuova casa, e non cessa di esercitare un certo fascino macabro.

Night Work gestisce senza fretta, tanto da non portare del tutto a compimento il suo obiettivo, l'incontro delle varie linee narrative e dei personaggi che andranno a costituire il nucleo fondamentale. L'aristocratico Malcolm Murray (Timothy Dalton), spinto da motivazioni personali che verrano chiarite in conclusione d'episodio, gettando nuova luce sulla prosecuzione della storia, conduce una personale crociata contro le creature oscure che occupano quella sottile soglia tra il mondo dei vivi e quello dei morti. Ad aiutarlo la bella e sfuggente Vanessa Ives (Eva Green) la cui natura non viene completamente svelata nel pilot, ma il cui fervore religioso di fronte a un crocifisso regala due tra le scene più d'impatto della puntata. Nella prima parte dell'episodio il punto di vista dello spettatore coincide poi con quello dell'avventuriero Ethan Chandler (Josh Hartnett), sempre più assente dallo schermo all'avanzare dei minuti, mentre nella seconda parte della puntata la scena verrà rubata dal patologo senza nome interpretato da Harry Treadaway (ma la cui identità è facilmente svelabile fin dalla sua prima apparizione).

Lo sceneggiatore e ideatore della serie John Logan torna a far scorrere il sangue tra le strade di Londra anni dopo aver lavorato sulla scrittura del Sweeney Todd di Tim Burton nel 2007. E d'altra parte anche il personaggio del barbiere assassino proveniva dai cosiddetti penny dreadful, piccole pubblicazioni a bassissimo costo e di dubbio valore artistico che nell'Ottocento solleticavano le contraddizioni tipiche della società vittoriana portando nelle case della piccola borghesia racconti di massacri e uccisioni varie. Logan tuttavia abbandona ben presto gli intenti poco nobili delle pubblicazioni da cui prende il titolo la sua serie per andare a rifarsi ai nomi più altisonanti della letteratura gotica. Il nome di Dracula non viene mai pronunciato nel corso del pilot, ma la sua presenza sottile scala le pareti della camera di Vanessa sotto forma dei ragni, vive nei corpi dei vampiri trovati nei sotterranei di Londra, viene palesemente tirata in gioco dal personaggio di Malcolm Murray, impegnato nel tentativo di salvare la figlia Mina.

Riferimenti nobili e ben conosciuti, forse troppo. Senza contare il Dracula della NBC – peraltro già cancellato – o Ripper Street della BBC (viene citato di sfuggita anche Jack lo Squartatore), il rischio di saturazione è alto, per non parlare di stanchezza dello spettatore, dovuta ai mille e più adattamenti di certe figure (compresa quella svelata nel comunque ottimo finale d'episodio). Un'operazione più rischiosa, ma forse più interessante, sarebbe stata quella di andare a ripescare tra i molti classici meno sfruttati del periodo, invece di giocare sui soliti nomi. In ogni caso questo abbiamo, e questo ci facciamo bastare, e non è certamente poco.

Sì perché, a parte considerazioni su ciò che si sarebbe dovuto o potuto fare, il pilot di Penny Dreadful è davvero convincente e per certi versi sorprendente. Lo sporco grigiore della Londra di fine secolo diventa il mood di una narrazione che si prende il suo tempo, che – come il personaggio di Vanessa in una bella scena – ripone tutte le sue carte in bella vista per poi svelarne lentamente solo poche e con un ritmo che non si affanna a gettare riferimenti noti di fronte allo schermo per far sentire intelligente lo spettatore. Il cast è decisamente in parte. Su tutte le scene in cui è presente emerge la statura attoriale e carismatica di Timothy Dalton, mentre l'algida – quasi "mostruosa", nel senso originale del termine – bellezza di Eva Green è un valore aggiunto al suo personaggio. Convince di meno Josh Hartnett, unica figura non completamente inserita nell'ingranaggio della narrazione, mentre Treadaway è protagonista di una scena conclusiva difficile da dimenticare.

La regia d'esperienza dello spagnolo Juan Antonio Bayona (The Orphanage) si distende come un velo su tutte le scene più macabre e cariche di tensione. Recuperando le atmosfere fredde e cupe del suo primo film, il regista gioca molto classicamente sullo spavento improvviso, centrando l'obiettivo di farci saltare dalla sedia in più di un'occasione, ma anche sul non visto, sul meccanismo inverso per cui lo spettatore diventa consapevole della minaccia in scena prima del personaggio (era l'idea semplice ma geniale alla base degli horror Them o The Strangers). Un pilot molto riuscito, affascinante, che ci incuriosisce verso il proseguimento della storia.

Continua a leggere su BadTaste