Peaky Blinders (quarta stagione): la recensione
La serie gangster della BBC arriva alla quarta stagione: la recensione di Peaky Blinders, la serie con Cillian Murphy e Tom Hardy
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La stagione deve fare i conti con il cliffhanger dell'arresto della scorsa stagione. Lo liquida in un'intensa parentesi che vede Tommy ancora una volta proteggere i suoi, muoversi come un fantasma dietro le quinte e salvare la propria famiglia. Peaky Blinders rimane sempre una serie gangster a fortissima vocazione familiare, in cui il singolo gesto, o la singola perdita, hanno un senso perché ricadono sul sistema di rapporti e affetti di Thomas e gli altri. Proprio l'uccisione di John Shelby è l'elemento che sposta, in chiusura del primo episodio, l'intero piano della narrazione su un nuovo livello. Ed è qui che fa il suo ingresso il mafioso Changretta (Adrien Brody) che con i suoi sicari è giunto in Inghilterra con il chiaro proposito di spodestare gli Shelby.
Peaky Blinders funziona meglio quando accentua la componente stilistica, così ricercata e piacevole nel suo essere fuori dal tempo, in contrapposizione alla violenza delle situazioni. I movimenti rallentati dei protagonisti sostenuti da una colonna sonora sempre ispirata, sempre coerente, ormai talmente affiancabile alle immagini dello show da rappresentarne una colonna portante, sono uno dei grandi pregi dello show. Ma questa è anche una serie che allarga la propria visuale. Qui in particolare entrano in gioco le istanze sindacali che si legano a possibili rappresaglie dei comunisti e, tra un problema coniugale e l'altro, sentiamo anche nomi importanti (ma questa è una serie che ha già introdotto Churchill).