American Pastoral, la recensione
Bignami ordinatissimo del libro di Roth, American Pastoral nella versione diretta da Ewan McGregor è così composto da non incidere mai
Tra le molte difficoltà che può presentare l’idea di adattare un romanzo ingombrante come quello di Philip Roth, il film non mette a fuoco già la più scontata e meno complessa, cioè la recitazione. Particolarmente inaccettabile in un film diretto da un attore, tutti i ruoli principali suonano fasulli. Lo stesso McGregor, altrove molto bravo e centrato, qui è fuori parte. Le basi peggiori per mettere in scena una storia che vorrebbe trasfigurare l'ordinario in straordinario, fatta di sentimenti molto umani e di persone a loro modo semplici. Un intreccio insomma che avrebbe necessitato di grande partecipazione umana.
Si capisce che la volontà era di non finire mai in quegli eccessi melodrammatici a cui la trama presta il fianco ma che avrebbero tradito lo spirito e lo stile del libro, nonché nuociuto alla storia, però in questa versione bignami di Pastorale Americana non c'è un valido sostituto. Il lento scorrere del tempo nelle vite di due genitori (ma uno dei due in particolare), distrutti dall'assenza della figlia non è mai tangibile, e anche la deriva che prende la moglie interpretata da Jennifer Connelly è così accennata da non essere mai calzante, da non incidere un solco secco e profondo come dovrebbe.
Come se nulla contasse niente American Pastoral porta avanti la sua trama in maniera composta ed ordinata, là dove forse proprio un atteggiamento più scomposto e irruento avrebbe dato al film un alito di vita, se non altro.