Passione sinistra, la recensione

Con ambizioni smisurate rispetto alla riuscita, il nuovo film di Marco Ponti non è nemmeno lontanamente all'altezza delle sue opere precedenti...

Critico e giornalista cinematografico


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Un film cretino da un autore intelligente.

Marco Ponti è stato il regista di Santa Maradona, del più dimenticabile A/R - Andata + ritorno e lo scrittore e animatore dietro L'uomo perfetto e Cardiofitness, due tra i film più riusciti di una stagione (i primi anni 2000) in cui il nostro cinema è riuscito a sfornare, tra le molte stupidaggini, anche un buon numero di commedie adolescenziali ben scritte, interpretate e girate.

I suoi film sono sempre stati caratterizzati da una ricerca spasmodica di originalità, non sempre raggiunta, spesso un po' puerile ma altrettanto spesso efficace, liberatoria, divertente e (nei migliori momenti) effettivamente originale.

Passione sinistra viene dall'omonimo romanzo di Chiara Gamberale e racconta 4 personaggi divisi in due coppie, una di destra e una di sinistra, ognuna caratterizzata con stereotipi sia eterni sia moderni (scrittore che si professa intellettuale ma cerca il successo, venditore di barche cinico, donna idealista, donna oca) che nel film si scambiano in rispettivi tradimenti. Tutto privo di vero interesse.

Come detto inizialmente Passione sinistra è un film cretino che non riesce nemmeno a centrare gli stereotipi che si propone di dipingere, figuriamoci rimetterli in discussione, figuriamoci dire qualcosa sul paese e il suo instabile e inclassificabile equilibrio politico e sociale! Per questo motivo è un film irrimediabilmente non riuscito e anche un po' triste, perchè si arrende a se stesso e alla propria pochezza e velleità intellettuale.

Detto questo è anche impossibile non notare come tutto Passione sinistra sia puntellato di piccoli momenti talmente azzeccati e riusciti che sembrano uscire da un altro film. La figura del politico (solitamente una delle cose peggiori nei film italiani) è non solo divertente e originale ma anche foriera di un surrealismo finalmente interessante. Alcune cattiverie contro lo scrittore o contro la protagonista sinistrorsa non somigliano alle solite critiche bonarie e all'acqua di rosa riservate alla sinistra che sembrano dire: "Siamo un po' così, imperfetti ma buoni!" e sono invece più forti profonde e raffinate ("Mi chiedo sempre cosa farebbe Marco Travaglio al posto mio?" si chiede la protagonista di frequente) e soprattutto il ruolo dell'oca di Eva Riccobono parte dal noto e consueto per arrivare gradualmente ma inesorabilmente ad un'idiozia peculiare e originale, senza redenzione e ingestibile.

Ma sono solo sprazzi.

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