Paradise, la recensione
Paradise è un thriller scifi come raramente se ne vedono: ben messo in scena, scritto magnificamente e diretto con l’intelligenza di chi sa che deve portare a casa un ottimo film pop
La recensione di Paradise, disponibile su Netflix dal 27 luglio
Di primo acchito, Paradise sembra infatti un thriller come tanti, così come banale sembra il conflitto del protagonista: un giovane dirigente Aeon che viene costretto a lottare contro il sistema che ha alimentato dopo che sua moglie viene privata legalmente di 40 anni di vita. E invece quello che riesce a costruire poi Paradise con queste premesse è semplice entusiasmante, inaspettato, pieno di sorprese e addirittura (e qua sta il picco di genialità: la prospettiva futura) già aperto ad un sequel con un finale che non lascia dubbi.
Qual’è quindi questa idea? È quella di prendere diversi personaggi e metterli di fronte alle loro singole responsabilità verso quel mondo corrotto, per far così rendere conto a noi spettatori di quanto il capitalismo più predatorio si basi sostanzialmente sull’indifferenza. Di tutti.
Tutto questo sta dentro un film dall’aspetto volutamente medio, ma così bene eseguito che diventa semplicemente sintetico. Lo è nelle scenografie ma anche nei costumi, mai goffamente eccessivi; lo è nei nella regia, sempre a favore esplicativo ma mai a favore dell’ingenuità. Nonostante qualche increspatura, è questa la virtù del migliore cinema medio.
Sì, stiamo già aspettando il prossimo capitolo: chissà cos’è questo “Paradise” del titolo.
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