Painkiller: la recensione

A quasi 2 anni dall'uscita di Dopesick, Painkiller sarebbe dovuta riuscire ad evitare il paragone da cui non esce vincente

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La recensione della serie Painkiller, disponibile su Netflix dal 10 agosto

Basata sul libro PAIN KILLER di Barry Meier e sull'articolo del New Yorker Magazine The Family That Built the Empire of Pain (La famiglia che ha costruito l'impero del dolore), a firma di Radden Keefe, la serie Painkiller di Netflix, composta da 6 episodi della durata di un'ora circa ciascuno, esplora le origini e le conseguenze della crisi degli oppioidi negli Stati Uniti, ponendo l'accento in particolare sulla famiglia Sackler, responsabile di questa epidemia, su alcune vittime e su coloro che hanno combattuto la battaglia di una vita per denunciare le pratiche scorrette con cui l'OxyContin è stato messo sul mercato, causando la morte di centinaia di migliaia di americani.

La premessa

Nel 1996 fu distribuito per la prima volta l'OxyContin: un antidolorifico pubblicizzato come un farmaco miracoloso in grado di risolvere il problema del dolore senza creare quello della dipendenza. Come fu tuttavia presto evidente, dietro la commercializzazione del farmaco si celavano tattiche di mercato disoneste, corruzione e soprattutto un colpevole disprezzo della vita umana da parte della casa farmaceutica Purdue Pharma e della famiglia che l'aveva fondata, i Sackler, le cui mani - ancora oggi - nonostante una sconcertante impunità, sono indiscutibilmente macchiate del sangue di molte delle vittime di quella che è poi diventata nota come la crisi degli oppioidi.

Painkiller, una serie pop

Paikiller è una serie arrabbiata, che non risparmia colpi bassi quando si tratta di puntare il dito contro i responsabili di una vera e propria epidemia di morti che ha flagellato gli Stati Uniti ed i cui contorni sono ormai tristemente noti. Ogni episodio comincia infatti con una breve dichiarazione del rappresentante di una vera famiglia che ha perso un congiunto a causa dell'OxyContin e spiega come, seppure gli eventi che il pubblico si appresta a vedere siano in parte romanzati, sono tratti da una storia vera, come vera è la morte del loro caro. Un vero e proprio pugno dello stomaco per ogni spettatore.

Nei 6 episodi dello show viene poi mostrata l'evoluzione della commercializzazione del farmaco che ha messo in ginocchio l'America, con colpevole spregio per la vita umana del capo della Purdue Pharma, Richard Suckler, interpretato da Matthew Broderick, un uomo completamente privo di scrupoli i cui insegnamenti dello zio Arthur (Clark Gregg), suo predecessore a capo dell'azienda, lo rendono un moderno mercenario ossessionato dal denaro.

Stilisticamente, la completa mancanza di moralità della famiglia Suckler, e di tutti coloro che sono stati coinvolti in questa tristemente nota vicenda, è evidenziata nello show da alcune scene sfacciatamente pop ed esuberanti, che fanno da contraltare ai danni creati dall'OxyContin, una sorta di metafora che Painkiller usa dal punto di vista della regia, curata da Peter Berg, per mettere in rilievo la drammatica e colpevole indifferenza dei responsabili di così tante morti, che nuotano nel denaro mentre la gente muore.

Dal punto di vista della scrittura, allo scopo di esternalizzare i processi mentali del capo famiglia dei Suckler e mostrare tutta la sua spietatezza, la serie abbonda anche di conversazioni immaginarie tra Richard ed il suo defunto zio, ossessionato dall'eredità morale della loro azienda e dal buon nome della famiglia.

Dall'altra parte della barricata troviamo invece personaggi come Edie Flowers (Uzo Aduba), sicuramente quello più riuscito dell'intera serie, investigatrice dell'ufficio del Procuratore della Virginia, la prima a scoprire l'eccesso di prescrizioni di OxyContin ed a studiare con maggiore attenzione le pratiche della Purdue Pharma e Shannon Schaeffer (West Duchovny), una giovane ed avvenente rappresentante della casa farmaceutica che, dopo l'iniziale eccitazione per essere riuscita a trovare un lavoro così ben retribuito, si riscopre avere una coscienza.

A fare da elemento emotivo in Painkiller è invece il personaggio di Glen (Taylor Kitsch), un giovane meccanico, che in seguito ad un incidente avvenuto nella sua officina diventerà dipendente dall'OxyContin il cui abuso lo getterà in una spirale di problemi personali e finanziari in una battaglia in cui metterà a repentaglio tutto ciò che ha costruito nella vita.

Painkiller e l'inevitabile paragone con Dopesick

Non c'è nulla di male nel fatto che due progetti diversi trattino il medesimo argomento, soprattutto quando il tema è tanto importante e delicato come quello affrontato da Painkiller e Dopesick, una regola imprescindibile dovrebbe tuttavia essere che entrambe le serie trovino un punto di vista unico nell'affrontarlo. Sfortunatamente quella di Netflix non riesce ad eguagliare né dal punto di vista emotivo né da quello fattuale l'accuratezza e la sensibilità della serie di Hulu vincitrice, non a caso, di numerosi premi.

Nonostante Dopesick sia andata in onda ad ottobre del 2021, quasi due anni prima di Painkiller, quest'ultima non aggiunge nulla di nuovo alla narrazione dei fatti. Sebbene sia Michael Stuhlbarg che Matthew Broderick abbiano ottimamente interpretato Richard Suckler, il pubblico non uscirà dalla visione delle due serie con nuovi spunti di riflessione su un uomo tanto centrale in questa vicenda, né la lotta interiore affrontata dal personaggio interpretato da Will Poulter in Dopesick sarà diversa da quella della sua controparte femminile in Painkiller, le frustrazioni di Edie Flowers più difficili da affrontare di quelle della Bridget Meyer di Rosario Dawson o la battaglia di Glen più emotivamente coinvolgente di quella della Betsy Mallum di Kaitlyn Dever.

Anzi, a voler fare un brutale paragone, dal punto di vista emotivo Dopesick risulta molto più potente di Painkiller, sia grazie al personaggio di Betsy, alla cui storia viene lasciato molto più respiro rispetto a quella di Glen, che a quella del Dottor Samuel Finnix, interpretato da un Michael Keaton in stato di grazia.

Dove Painkiller avrebbe potuto puntare ad essere più la storia degli effetti di certe azioni, come Dopesick, sceglie invece di prediligere il racconto delle sue cause con due anni di ritardo e rendendo inevitabile un paragone che non gli giova.

https://www.youtube.com/watch?v=6vj-UGVLs2g
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