Padre Pio: la recensione

Abel Ferrara intreccia la storia di Padro Pio a quella di un drammatico evento, regalando una delle migliori interpretazioni di Shia LaBeouf

Condividi

Abel Ferrara firma uno dei titoli più attesi dell'edizione 2022 delle Giornate degli autori al Festival di Venezia Padre Pio è infatti destinato a far parlare di sé per la tematica, che intreccia la vita del famoso religioso italiano, e per la scelta di un attore talentuoso e dalla vita piuttosto tormentata come Shia LaBeouf, in queste settimane al centro delle pagine di cronaca per le sue diatribe con Olivia Wilde e per le rivelazioni riguardante il suo passato che è stato all'insegna di comportamenti discutibili e persino abusi.

La trama di Padre Pio

Il film intreccia un drammatico evento avvenuto a San Giovanni Rotondo alla fine della prima Guerra Mondiale, e la lotta personale di Padre Pio che, in un monastero dei frati capuccini si ritrova a fare i conti con le visioni di figure positive e persino con il diavolo stesso. Fuori dalle mura dell'istituto religioso, invece, stanno per svolgersi le elezioni e le tensioni sociali stanno per avere delle drammatiche conseguenze.

Due storie che si intrecciano

La sceneggiatura firmata da Abel Ferrara e Maurizio Brucci intreccia due storie molto diverse, ma che trovano dei punti in comune nel tentativo di avere un nuovo inizio dopo una fase tormentata e ricca di tensioni.
Fin dalle prime sequenze, infatti, si dà spazio alla rappresentazione delle ferite, fisiche e mentali, subite da chi ha combattuto al fronte, chi è rimasto a casa ad aspettare notizie delle persone amate, e di Pio, alle prese con una continua lotta tragica e da cui è impossibile uscire totalmente vincitori.
Le due linee narrative, seppur accomunate a livello tematico, sono però fin troppo separate rendendo la visione eccessivamente frammentata, seppur coinvolgente. Il diverso livello raggiunto dalle interpretazioni, inoltre, enfatizza questa separazione che si protrae fino all'atto finale dell'opera, rendendo davvero complicato il lavoro del montatore Leonardo Daniel Bianchi.

Shia LaBeouf avrebbe meritato più spazio

A suscitare il dispiacere maggiore è inoltre la consapevolezza che Shia LaBeouf sia riuscito a offrire una delle sue interpretazioni più intense e riuscite, caratterizzata da una totale immersione nella vita di un giovane Padre Pio in grande difficoltà e la cui fede viene costantemente messa alla prova, venendo sfidato da una presenza demoniaca che tormenta le sue notti e la sua anima in modo costante e spietato.
Il carisma dell'attore è innegabile e il suo volto, scavato e sofferente, riesce a non scontrarsi con le immagini ormai iconiche del religioso venerato in tutto il mondo. LaBeouf non esita a rendere estremamente fisica la sua performance, incarnando a livello espressivo la realtà che contraddistingue la vita quotidiana a San Giovanni Rotondo, all'insegna di povertà, malattie, lutti e intrighi politici.
La ricerca di risposte personali e legate alla fede del giovane religioso diventa così un microcosmo delle tensioni sociali, suggerendo quasi un'espansione delle attività del diavolo ai gruppi politici che nell'autunno del 1920 stanno per scontrarsi in modo sanguinoso.

Un passo in avanti rispetto a Zeros and Ones

Abel Ferrara torna alla regia dopo il meno incisivo Zeros and Ones e tiene le redini del proprio protagonista con bravura, riuscendo a valorizzarlo in ogni momento gestendo in modo esperto le scene più claustrofobiche e che si spingono ai limiti, che non vengono comunque mai superati. Il filmmaker dà poco spazio alla luce in Padre Pio, affidandosi alla fotografia di Alessandro Abate per ricreare le tante ombre del dopoguerra con scene cromaticamente "spente" e cupe, giocando in modo prevedibile, ma comunque efficace, con le luci nelle scene maggiormente legate alla fede del protagonista e ai guizzi di speranza che contraddistinguono la sua vita e il desiderio di ripartire della comunità.
Padre Pio, seppur con numerosi difetti e alcune interpretazioni poco convincenti per quanto riguarda i personaggi secondari (in parte anche a causa dell'uso intermittente dell'italiano e dell'inglese), è un'opera interessante e che ricorda quanto Shia LaBeouf sia un talento che sarebbe un vero peccato perdere a causa di problemi personali che l'attore deve affrontare per poter continuare a far parlare solo con le sue interpretazioni.

Continua a leggere su BadTaste