Ozark (stagione 4): la recensione
La recensione di Ozark 4, ultima stagione della serie prodotta e interpretata da Jason Bateman disponibile su Netflix
Da quando ha fatto il suo debutto su Netflix, il pubblico non ha fatto altro che paragonare (giustamente) Ozark a un’altra grande serie di successo, ossia Breaking Bad, forse perché entrambe sono state in grado di rendere credibile uno scenario in cui una persona normale sceglie volontariamente di diventare un criminale. Ma se Walter White agisce inizialmente per disperazione, per Marty Byrde è incredibilmente facile... se solo la vita non si mettesse in mezzo. È proprio qui che giace la grandezza di Ozark: la capacità degli sceneggiatori di trovare soluzioni sempre più originali per mettere in difficoltà i personaggi, rivelando strato dopo strato la loro natura.
Per buona parte degli episodi, lo spettatore è chiamato in modo costante a interrogarsi sulla moralità dei Byrde e sulle loro scelte, anche se arrivato alla resa dei conti, l’approfondimento dei personaggi è talmente ben costruito che si riesce benissimo a giustificarli. Specialmente l’inesorabile e deliziosamente malvagia Wendy, interpretata da un’esplosiva Laura Linney: se in troppi crime show solitamente gli "interessi femminili" vengono rappresentati come un mero contorno spesso capace solo di lamentarsi, Wendy Byrde è invece una colonna portante della Byrde Foundation e ha un ruolo attivo per l’intera durata della serie, una Cersei Lannister la cui ferocia è solo placata dall’amore per i propri figli (oppure no?). Nonostante la malvagità intrinseca ma perfettamente giustificata della moglie, Marty Byrde (interpretato da un grandioso Jason Bateman) trova in più occasioni l’inspiegabile volontà di sostenerla come mai prima d’ora, sinonimo di quanto in Ozark i rapporti tra i personaggi siano complessi e ben caratterizzati.
La serie ricorda a tutti che questo è anche il palcoscenico di Ruth, interpretata da una Julia Garner in forma smagliante: non più legata alle scelte di terzi e avendo imparato dai migliori, Ruth in questa stagione è in grado di prendere le proprie decisioni e di muovere qualche pedina, il che rappresenta sia un vantaggio che uno svantaggio. Laddove Ruth è penalizzata dalla poca esperienza, grazie alla tenacia è in grado di superare i numerosi ostacoli che i Byrde le parano davanti, diventando una vera e propria spina nel fianco. Alla Garner è richiesta un’intensità espressiva che finora, salvo rare occasioni, non aveva quasi mai tirato fuori. Specialmente in una scena ci regala una performance straziante che in molti potrebbero trovare quasi patetica ma che in fondo racchiude tutta la frustrazione e la durezza del personaggio.
Il mondo nel quale i Byrde devono cercare di sopravvivere è davvero sfaccettato, un microcosmo popolato da personaggi meschini, opportunisti, arrivisti, a volte assurdi ma sempre memorabili; e come se non avessero già abbastanza problemi, la minaccia principale rappresentata dal villain Omar Navarro (Felix Solis) è presto acuita dall’arrivo del nipote Javi (Alfonso Herrera), e dalla sorella di Omar e madre di Javi, Camila (Veronica Falcon), entrambi tanto minacciosi quanto imprevedibili, anche più dello stesso Navarro.
La caratteristica che rende Ozark diverso e peculiare da qualsiasi altro crime show uscito finora è la volontà di esaminare ed esplorare la zona grigia tra criminale e persona per bene, chiedendo allo spettatore dove sia il limite e se sia disposto a superarlo. Dilemma che si porranno anche i figli di Marty e Wendy, Jonah (Skylar Gaertner) e Charlotte (Sofia Hublitz), i quali dovranno fare i conti con la spirale di caos scatenata dalla loro madre nella scorsa stagione e scegliere se restare parte della famiglia oppure se andarsene per sempre (cosa che Wendy non permetterebbe mai).
Dal punto di vista tecnico, Ozark rimane un prodotto dalla pregevole fattura: la fotografia di Shawn Kim, dai toni freddi e quasi desaturati ormai caratteristici, comunica a pieno il senso di pericolo percepito dai protagonisti, un mondo ostile e inospitale. Alla regia troviamo talenti come Robin Wright, Amanda Marsalis, Jason Bateman e persino Laura Linney che fa il suo debutto dietro la macchina da presa (prendendo le redini dell’undicesimo episodio e regalando allo spettatore una delle puntate più intense della serie): la coesione e la cooperazione tra i vari reparti, sia dietro le quinte sia in scena, rendono l’atmosfera di questa stagione finale carica di tensione per i protagonisti e di pathos. Ozark 4 è un’avventura dai toni noir con un ritmo sempre costante e mai altalenante che conclude la sua corsa forse in modo brusco, ma totalmente logico e sensato, lasciando al pubblico la libera interpretazione e optando per un finale tagliente piuttosto che scoppiettante.
Recensione a cura di Agustin Acuna