Outsiders 1x01 "Farrell Wine": la recensione

Tra Sons of Anarchy e Vikings, arriva Outsiders: storia di un brutale clan isolato dal mondo che lotta per mantenere il controllo del proprio territorio

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Un frammento dell'anima di Sons of Anarchy è rimasto in giro e, saltando a piè pari lo sfortunato The Bastard Executioner di Kurt Sutter, sembra aver cambiato network e aver germogliato su WGN America. Naturalmente è presto per dirlo, ma fin dalle primissime battute non si può non notare un'affinità di idee e stile tra una delle serie più note di FX e Outsiders, il drama di Peter Mattei che ha debuttato pochi giorni fa. E non è tanto la presenza di Ryan Hurst in uno dei ruoli di punta (è impossibile non pensare a Opie), quanto tutto l'approccio ad un microcosmo al confine tra marginalità e crimine, fatto di senso di appartenenza e brutalità. Un pilot, intitolato Farrell Wine, che poggia sul fascino brutale del linguaggio e dello stile piuttosto che sugli eventi, e che vince nel costruire un accenno di trama che potrebbe regalare qualche soddisfazione.

Ci troviamo sulle montagne degli Appalachi, dove il clan dei Farrell vive da sempre al di fuori della legalità. Come barbari calano sui loro quod per rifornirsi di attrezzature, cibo e quanto serve loro per continuare a sopravvivere, senza rispondere a niente e a nessuno, se non all'autorità che essi stessi hanno deciso di seguire. I Foster sono la famiglia principale del clan. Guidati dall'anziana Lady Ray (Phyllis Somerville), si trovano alle soglie di un grande cambiamento. Da un lato il figlio maggiore Big Foster (David Morse) è ansioso di prendere il posto che gli spetterebbe alla guida della sua gente, mentre dall'altro lo Stato, che finora ha chiuso un occhio – anzi due – sul loro stile di vita, ha deciso di sfruttare i giacimenti di carbone locali, estromettendo gli abitanti autoctoni. Non sarà semplice.

Se non fosse per una serie di differenze, su tutte la sua ambientazione contemporanea, Outsiders potrebbe essere visto come una variazione sullo sviluppo di Vikings. C'è l'idea, non esplicitata ma intuibile, di una contrapposizione tra modelli differenti in cui forza, brutalità, istinto, spregiudicatezza si scontrano con un contesto più maturo per certi versi, più molle e debole per altri, frenato da se stesso. È un'idea che torna spesso nel corso del pilot, ma è immediata (nel senso che non è filtrata da nulla) in una scena in cui il clan assalta un magazzino, e c'è questa immagine in cui Foster sul suo quod squadra un uomo obeso (che nell'idea della serie dovrebbe essere emblematico) che utilizza il suo piccolo veicolo elettrico per spostarsi tra gli scaffali.

C'è un grande lavoro sulla presentazione dei maggiori elementi di conflitto tra coloro che abitano sulle montagne e coloro che vorrebbero scacciarli. Una contrapposizione che non deriva solo da elementi concreti, ma che è nel primo episodio soprattutto legata ad una visione del mondo completamente diversa. I Farrell ci vengono presentati come ignoranti e analfabeti, privi della cultura del denaro, con un linguaggio proprio, legati a strani elementi della loro tradizione. D'altra parte la loro visione univoca, non mediata da confronti o dubbi di sorta, è la base della loro determinazione, tant'è che vedranno con sospetto e odio uno del gruppo che, allontanatosi per anni, ritorna all'improvviso a casa con una mentalità più aperta.

Prodotta, tra gli altri, da Paul Giamatti, la terza serie originale del network dopo Salem e Manhattan vive nella scia di prodotti più noti e celebrati, ma nel suo giocare su schemi collaudati trova quello slancio e quella personalità che le dovrebbe permettere di costruire qualcosa di intenso e meritevole.

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