Outcast vol. 2: Una vasta e infinita rovina, la recensione
Abbiamo recensito per voi il secondo volume di Outcast, opera di Robert Kirkman e Paul Azaceta edita da saldaPress
La stessa sorte è poi toccata ad Allison, ex moglie di Kyle: il demone che albergava nel suo corpo ha rischiato persino di uccidere il frutto dell'amore della coppia, la loro figliola di nome Amber. Il protagonista è però riuscito a salvare le due persone più importanti della sua vita, assumendosi inoltre la responsabilità di quanto accaduto e perciò perdendole. Da allora, Kyle è divenuto un reietto, isolandosi dalla vita sociale in maniera piuttosto decisa. Il caso (o forse no?) ha voluto però che l'uomo fosse moralmente obbligato a uscire dal suo guscio per salvare una nuova vittima di questi esseri, un piccolo bambino residente nella fittizia città di Rome e di nome Joshua. I "servizi" di Kyle sono stati infatti richiesti dal reverendo Anderson, un esorcista assolutamente sui generis che è stato abbastanza sveglio da capire che non avrebbe potuto affrontare questo male da solo, non questa volta.
Nel secondo volume di Outcast, intitolato Una vasta e infinita rovina, Kyle e Anderson porteranno avanti la loro solitaria crociata, scoprendo che le presenze loro nemiche sono ben più diffuse e radicate di quanto ci si potesse immaginare. La partita è dunque iniziata: oggi non sappiamo chi vincerà, ma sappiamo già che sarà una battaglia dura, lunga, e crudele.
La narrazione impostata dallo scrittore è ben dosata, sagace, in grado di sorprendere sì, ma mai in maniera gratuita. C'è una grande riflessione, uno studio attento dietro Outcast, e questo si traduce in un'emozionante epopea che mischia elementi narrativi horror molto fantasiosi a un contesto drammatico quanto mai reale, attuale e persino familiare. Questa serie è chiaramente impostata per avere un arco narrativo a lunga (forse lunghissima) gittata, e, in questo senso, l'autore fa tutti i passi giusti per costruire qualcosa di grosso partendo da solide fondamenta, così che la storia non possa crollare su se stessa: grande efficacia hanno dunque tutte le sotto-trame aperte riguardanti i personaggi comprimari, in primis quello di Megan la sorella di Kyle.
Altro punto di forza di Outcast è quello splendido artista chiamato Paul Azaceta, che, dopo tanto girovagare alla ricerca della storia giusta per il suo stile (che si è evoluto vertiginosamente) ma anche per la propria auto-realizzazione, ha trovato in questo progetto quello che più gli si confaceva. Se il tratto plastico, essenziale e realistico del disegnatore si dimostra perfetto per portare in scena l'umanità opposta alla mostruosità che è un po' il tema fondamentale della serie, Azaceta è sicuramente eccezionale nel saper realizzare lo storytelling perfetto per questo tipo di storia, contraddistinto da un taglio molto cinematografico e dinamico, fatto anche molto di silenzi e azioni, piuttosto che solo meramente di parole.
Inoltre, la scelta di inserire entro il filone narrativo principale quelli che gli autori amano definire "micro panel" (vignette di esigua dimensione che approfondiscono la narrazione primaria, fornendo dettagli e nuove prospettive) è davvero funzionale a creare un contesto a tutto tondo, senza sacrificare la fluidità della narrazione. Doveroso poi aggiungere che gli splendidi colori di Elizabeth Breitweiser rendono il tutto ancora più vivo: in pochi fumetti oltre questo le scelte cromatiche sono in grado di indirizzare e amplificare il "sentimento" della storia, riuscendo a facilitare la creazione di un filo emotivo con il lettore con grande naturalezza.
In conclusione, Outcast è semplicemente un gran, bel fumetto, che merita di essere letto da chiunque, perché in grado di rappresentare una storia horror moderna e diversa, ma validissima, rispetto al canone più tradizionale e inflazionato.