Outcast vol. 1: Un'oscurità lo circonda, la recensione

Abbiamo recensito per voi il primo volume di Outcast, la nuova serie di Robert Kirkman e Paul Azaceta, edito da saldaPress

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Con l'uscita del primo volume dedicato al nuovo progetto a fumetti di Robert Kirkman, abbiamo potuto finalmente apprezzare la grande bellezza di Outcast, che si manifesta in più chiavi di lettura. Non ce ne voglia la casa editrice saldaPress, che pubblica la serie Image Comics (collana Skybound) in Italia: l'idea di iniziare a pubblicare Outcast in formato bonellide già dai primi mesi del 2015 è un'iniziativa meritevole del massimo rispetto, che parte da valide ragioni editoriali, e che sicuramente ha saputo avvicinare al fumetto anche i lettori "da edicola". Inoltre, la doverosa attenzione infusa nella collana economica, ha permesso che la purezza grafica di Outcast rimanesse comunque illibata. Chiamateci tradizionalisti o nostalgici, ma il poter godere del fumetto nel suo formato originale, e a colori, ce lo ha fatto piacere ancora di più.

Venendo alla trama dell'opera, questa narra le vicissitudini di Kyle Barnes, un uomo che per tutta la vita è stato perseguitato da misteriose entità demoniache, che lo hanno cercato e bramato come fa un cane con il suo osso preferito: sin dall'infanzia, infatti, il protagonista ha dovuto lottare con le unghie e con i denti (ma anche con i pugni e con i calci) per non soccombere di fronte a ciò che questi demoni facevano a coloro che gli stavano attorno. Cosa fa un demone? Be', è abbastanza semplice: prende possesso del tuo corpo e intrappola la tua anima, trasformandoti in tutto ciò che non avresti mai voluto essere. Kyle ha dovuto imparare a convivere con tutto questo, sin da quando uno di questi demoni prese possesso del corpo di sua madre. O quando, più avanti, accadde la stessa identica cosa con un'altra persona amata dal protagonista. Tutto ciò, pur potendolo sembrare, non è però un fenomeno casuale: Kyle sembra avere un dono, che lui stesso fatica a comprendere e cerca di rinnegare. Difatti, questi è in grado di scacciare tali entità dal corpo del loro ospite. Kyle Barnes è il Reietto, o perlomeno un Reietto, qualsiasi cosa ciò voglia dire: senza ancora sapere bene come, infatti, e con una metodologia ancora da comprendere e affinare, il protagonista riesce a essere una sorta di "purga" per qualsiasi demone prenda possesso di un essere umano. Allo stesso tempo, però, queste entità provano una quasi masochistica attrazione nei suoi confronti, accadimento sul quale aleggia ancora molto mistero e vi sono ancora molte domande senza risposta. Senza volerlo, e dopo aver scelto una vita di auto-isolamento che lo ha reso un emarginato totale, Kyle si troverà invischiato in un esorcismo che mirerà a salvare l'anima di un giovane ragazzo. Da qui, prenderà il via una catena di eventi il cui crescendo, inesorabile e fluido, creerà un senso di piacevole dipendenza nel lettore.

Comprendiamo di non essere molto originali quando diciamo che Robert Kirkman è una delle personalità più geniali e accattivanti del mondo del fumetto mondiale (e non solo, oramai): è incredibile notare come lo sceneggiatore americano sia un moderno Re Mida, il quale riesce a trasformare in oro qualsiasi cosa tocchi. Dopo quanto visto per The Walking Dead, divenuto oramai un fenomeno di costume cross-mediale, che mantiene incredibili livelli di apprezzamento da tanto tempo (nonostante abbia tanti detrattori, immotivatamente, feroci), Kirkman è riuscito di nuovo a creare un franchise estremamente godibile, in grado di catturare l'interesse di un pubblico quanto mai eterogeneo, il tutto senza snaturarsi o "tradire" il genere horror. Outcast, infatti, è una serie a fumetti molto buona in generale, e una serie a fumetti di genere horror, categoria "esoterico/spirituale", ben architettata e successivamente costruita. Questo è un dato incontrovertibile. Il fumetto in questione riesce a essere pop e autoriale allo stesso tempo, ed è in grado di divertire e appassionare nonostante un ritmo cadenzato (che ben si confà a questo genere, ma questa è solo la nostra personale opinione). Dal punto di vista narrativo, Kirkman è bravo a impostare uno storytelling che procede "a ondate": in Outcast la tensione della storia cresce a poco a poco, come un'onda che inizia a prendere vita in mare aperto, fino a diventare un cavallone che sommerge i bagnanti seduti a riva, per poi ritirarsi inesorabilmente. È questa la metafora perfetta in grado di descrivere il dinamismo della trama di questo fumetto: una storia che si evolve, matura a poco a poco, smuovendo angoscia e inquietudine della psiche del lettore, che si trova travolto dagli accadimenti, quasi senza accorgersene.

Un elemento di straordinarietà di Outcast è senza ombra di dubbio il compartimento grafico: alle matite troviamo infatti l'artista Paul Azaceta, il quale, nonostante già diverse apparizioni nel mondo del fumetto mainstream d'oltreoceano, è al suo primo vero impegno in "Serie A". Il disegnatore regolare, oltre che co-creatore, dell'opera è una gran bella scoperta, e il suo stile dal taglio fortemente moderno e ibrido è davvero spettacolare, oltre che adattissimo per una serie di questo tipo. Dal punto di vista grafico, la costruzione della pagina nel fumetto è volutamente regolare e accademica, cosa che consente alla storia di dipanarsi in modo fluido e sequenziale, in maniera molto televisiva e cinematografica, se vogliamo, anche grazie a una divisione della storia in sequenze di più o meno ampio respiro. Un elemento accattivante e fortemente originale si manifesta nella presenza di quelli che gli autori definiscono "micro-panel", ossia vignette di esigua dimensione che compaiono nel corso della narrazione, e che forniscono una prospettiva secondaria e/o dettagliata della trama principale, concentrandosi su determinati aspetti o espressioni dei protagonisti, così come avviene quando nel corso di un film la telecamera stacca dalla sequenza principale, focalizzandosi, anche solo per pochi attimi, su un dettaglio apparentemente di minore importanza, per poi tornare al filo narrativo principale.

Doveroso, inoltre, spendere due righe per il lavoro della colorista Elizabeth Breitweiser, solo per sottolineare quanto il suo apporto nella riuscita visiva di Outcast sia davvero importante. La Breitweiser riesce a prendere il già ottimo lavoro di Azaceta, esaltandolo in maniera decisiva e facendolo esplodere in tutta la sua meraviglia.

Non sappiamo quanto vasto sarà il successo di Outcast, non sappiamo se questa diverrà una delle più belle serie a fumetti horror del XXI secolo, non sappiamo se la storia riuscirà a mantenere tutto ciò che promette in potenza: è ancora troppo presto per avere queste risposte. Quello che sappiamo, però, è che se il buongiorno si vede dal mattino, possiamo sperare in una bella e calda giornata di sole, metaforicamente parlando.

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