Orfani: Ringo 11 – Death Metal, la recensione

Orfani: Ringo si appresta al gran finale e Death Metal, non delude le attese dopo l'improvvisa, imprevedibile impennata del precedente capitolo

Classe 1971, ha iniziato a guardare i fumetti prima di leggerli. Ora è un lettore onnivoro anche se predilige fumetto italiano e manga. Scrive in terza persona non per arroganza ma sembrare serio.


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La seconda serie di Orfani, Ringo, si appresta al gran finale e questo penultimo volume, Death Metal, non delude le attese dopo l'improvvisa, imprevedibile impennata del precedente capitolo. Il gruppo di protagonisti si è assottigliato. Ha lasciato le macerie di Milano nella fuga diretta al Nord ed è ora nei pressi di ciò che resta del traforo del San Gottardo. L'aspetto dell'antica galleria che collegava l'Italia al Canton Ticino è tutt'altro che raccomandabile ma non ci sono alternative. All'interno, l'incontro con un bimbo sembra rassicurare il gruppo e il suo leader, che entrano infatti a contatto con una comunità scampata al disastro e barricatasi nel tunnel dietro un muro di vecchie automobili. Dopo alcune terrificanti esperienze passate, si tratta di gente pacifica, che li accoglie amichevolmente. Ma come si era accennato in Tabula Rasa e dalla conferma avuta in Animali Selvaggi, il meglio della stagione è pronto per essere servito. Roberto Recchioni ci ha portato a spasso tra i resti diroccati del nostro paese intessendo attraverso episodi attraenti e di buona qualità un piano ben preciso. Ci ha fatto divertire e soffrire con Seba, Nué e Rosa, ora vuole sconvolgerci.

Ci ritroviamo a sfogliare tavola dopo tavola, aspettando il peggio per i ragazzi e sperando che l'intramontabile ex Pistolero possa ancora una volta mettervi una pezza. Ad accoglierlo c'è la squadra dei Corvi al completo. Si ripete come nel primo capitolo della saga ma in maniera del tutto differente e impensabile, lo scontro con Boyscout, Angelo, Eremita e Mocciosa, coadiuvati dal generale Nakamura e la pietà non esiste nel futuro distopico creato dallo scrittore romano. Soggetto diverso e stesso modulo narrativo dunque, con una conclusione nuovamente cruda e scoppiettante. La chiave vincente di Orfani è che impossibile prevedere chi resterà in piedi; è questo che al di là del mestiere del suo creatore ci lascia con il naso appiccicato alla pagina. La maestria di Giancarlo Olivares fa il resto, come si suol dire. Il disegnatore bresciano, parte del team creativo di Dragonero, torna al genere con cui si fece conoscere ai fan di Nathan Never, la fantascienza e mette in mostra tutto il repertorio di cui è capace, davvero notevole.

Vogliamo chiudere con una categoria di artisti a cui spesso non è riconosciuto il giusto contributo nella riuscita di un prodotto, anche quando e soprattutto risulta eccellente come questo: i coloristi. In tal caso è Alessia Pastorello a trasformare in pirotecnica la sceneggiatura spumegguiante di Recchioni e Mauro Uzzeo, interpretata dalla classe di Olivares.

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