Orfani 4: Spiriti nell'ombra, la recensione

Classe 1971, ha iniziato a guardare i fumetti prima di leggerli. Ora è un lettore onnivoro anche se predilige fumetto italiano e manga. Scrive in terza persona non per arroganza ma sembrare serio.


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Prosegue il viaggio nei trascorsi dei cinque giovani combattenti che costituisco la formidabile squadra d'assalto chiamata “Orfani”, destinata a guidare la riscossa delle forze terrestri contro gli alieni che spazzarono via anni prima intere città e regioni dal nostro pianeta.

Spiriti nell'ombra si sofferma sulla piccola Sam (nome da battaglia: Mocciosa) e su Ringo (alias Pistolero), due ragazzi uniti da un saldo legame come palesa questo episodio in cui vengono svelati altri momenti del durissimo addestramento che questi personaggi dovettero subire ancora adolescenti, per diventare implacabili macchine da guerra.
La trama come nei numeri precedenti è un abile intreccio di presente e passato, il racconto si alterna tra il periodo che fu quello di recluta e la missione attuale in cui i protagonisti sono inviati a proteggere dispositivi che renderanno finalmente possibile localizzare i misteriosi e sfuggenti extraterrestri. Il volume si chiude rivelando l'ultima identità tenuta nascosta del quintetto di super-soldati, l'Eremita, e lascia ancora in sospeso le sorti toccate a Ringo nell'episodio precedente.

Si è detto molto in questi mesi sulla nuova serie ideata da Roberto RecchioniEmiliano Mammucari, che si conferma senza ombra di dubbio la più innovativa delle testate che la Sergio Bonelli abbia mai pubblicato fino a ora e non perché sia stato abbandonato il tradizionale bianco e nero ma per la modernità del racconto, la plasticità della sceneggiatura che piega ai propri fini la classica gabbia a sei vignette e la trascende. Il merito va alla perfetta intesa esistente tra scrittore e disegnatori che esprimono come Massimo Dall'Oglio e Luigi Cavenago uno stile e un tratto “internazionale”, che sfrutta e a sua volta viene esaltato dal colore (un encomio al lavoro di Lorenzo De Felici).
La forza di Orfani non è raccontare qualcosa di nuovo o qualcosa di fantascientifico, ma raccontare qualcosa in modo nuovo usando la fantascienza. Recchioni si diverte a rimescolare, combinare, reinterpretare una miriade di spunti, dettagli, situazioni, immagini, elementi e suggestioni provenienti dai più disparati generi e media, bagaglio dei suoi interessi e delle sue letture preferite.

La fantascienza è solo lo sfondo ed è roba già vista mentre gli alieni fino a ora sono algide figure appena abbozzate e molto poco affascinanti, spettri, come nel fumetto stesso sono apostrofati. Allora se alla fine dell'albo ci si chiede come mai piaccia Orfani, la risposta è solo una: per l'umanità che emerge, per i rapporti, le qualità e le lordure che sgorgano dall'animo umano in condizioni estreme o disperate, quando viene oppresso da una grande male, poco importa questo si incarni in malattie, zombie, alieni o nazisti, deve essere sufficientemente inquietante per indagare nelle pieghe del nostro io, oscure o luminose che siano e queste pagine lo fanno nel modo più contemporaneo che una collana Bonelli possa fare.

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