Orfani 1, la recensione
Tra poche ore irromperà nelle edicole il primo numero di Orfani, la nuova serie a fumetti creata, per Bonelli, da Roberto Recchioni ed Emiliano Mammucari. BadComics.it la recensisce per voi.
In più di un’occasione mi è capitato di discutere con addetti ai lavori, anche piuttosto noti, che col tempo hanno cominciato a riporre nel progetto grandi speranze. Se non è strano sentire uno scrittore, o un illustratore, emozionato per il lavoro di qualche collega, ben più singolare è ascoltare queste stesse parole da altri editori. Non si tratta di semplice galanteria tra concorrenti, che già sarebbe straordinaria per il nostro paese, ma di una speranza reale che Orfani sia in grado di aprire uno spiraglio nel mercato, trascinando fuori dal pantano l’intera produzione italiana. Sì, in questo stesso istante, editori diversi da chi produce la serie le augurano un successo clamoroso per il bene dell’intero settore. Per chi lavora in questo ambiente da un po’ di anni, lo scenario è per lo meno eccezionale.
E i lettori?
Nei mesi che hanno diviso l’annuncio dall’effettivo debutto, siamo stati sommersi da informazioni, diventate velocemente motivo di discussione in ogni “tribuna” web o cartacea. Sappiamo che è la prima serie interamente a colori mai prodotta da Sergio Bonelli Editore. Conosciamo il parco disegnatori che vedremo all’opera. Sappiamo che sarà inizialmente composta da due archi narrativi, o stagioni, finiti i quali, in caso di successo, potrebbe proseguire. Abbiamo letto, o sentito alla radio, che la narrazione si snoderà su due diversi piani narrativi, in un futuro apocalittico partorito da contaminazioni cinematografiche e videoludiche. Abbiamo familiarizzato con le immagini dei protagonisti, centellinate dai blog degli autori, o dalla pagina Facebook dedicata al progetto, fuori dalle quali attendevamo voraci, questuanti del web tastiera alla mano.
Be’, ci sbagliamo.
IL SUONO DELLA CONCHIGLIA
La vignetta iniziale di Orfani 1 mostra una scena di vita tipica di una qualunque città contemporanea. Un parco, bambini che giocano e genitori che li guardano. Un’immagine di repertorio, non dissimile da molte altre che, senza sforzarci troppo, troveremmo in qualsiasi albo Bonelli.
Poi, un’esplosione.
Un evento che spazza via la normalità per trascinarci nel racconto.
Come a volerci dire: E ora qualcosa di completamente diverso!
La prima metà dell’albo segue il rito d’iniziazione di alcuni ragazzi (Juno, Hector, Jonas, Ringo, Rey, Felix e Sam), sopravvissuti alla tragedia che ha cambiato il volto alla Terra e destinati a diventarne gli ultimi difensori, sotto la guida e l’addestramento della dottoressa Jsana Juric e del capitano Nakamura. I primi piani tipici del nostro fumetto popolare lasciano spazio a campi lunghi e inquadrature corali, che ampliano la dimensione del racconto per mostrarci come i protagonisti scoprono il valore del gruppo, affidandosi l’uno sull’altro. Se vi troverete a vostro agio in questo scenario, non sarà per caso. L’intero progetto, come vedrete, è fondato su quello stesso processo di contaminazione che ha sempre fatto da struttura portante agli albi Bonelli. Se l’incipit ricorda volutamente da vicino Il Signore delle Mosche, è facile notare influenze visive, o narrative, figlie dei racconti di formazione del primo Stephen King, ma anche di moderne serie TV. Il risultato è un mix di somiglianze/ispirazioni mai forzato, in grado di coccolare il lettore abituale e portare per mano, nel suo crescere lineare, coloro che si confrontano per la prima volta con queste letture.
Possiamo quindi sederci tranquilli, confortati dalla lettura lineare?
Ancora una volta, no.
IL GRIDO DEI CACCIATORI
Nella seconda metà la musica cambia, ma non in peggio.
Il termine “musica” non è casuale, perché leggendo vi sarà quasi inevitabile immaginare i suoni che accompagnano il racconto. Lasciamo quindi per un attimo da parte Buddy Holly e i Coasters e tiriamo fuori i nostri distorsori: è il momento del metal.
Un rapido balzo nel futuro e i nostri “eroi” sono adulti. Armi umane affilate dall’addestramento e puntate verso lo spazio profondo, contro l’obiettivo per cui sono state create: la fonte della distruzione che ha colpito anni prima il pianeta. La grammatica cambia, e Orfani diventa un fumetto in widescreen, dove il colore esplode aggiungendosi come terza dimensione alla storia, in cui i lunghi passaggi muti sottolineano la maestosità delle astronavi e la desolazione dei paesaggi alieni. Di contaminazione in contaminazione, il mondo dei videogames, ma anche dei romanzi di Robert A. Heinlein, investe il lettore con la sua frenesia e la sua folle lucidità. Il ritmo cambia e le inquadrature, ancora più ampie, diventano i fermo immagine plastici dei migliori action movie. Il registro linguistico si adatta di conseguenza e i dialoghi dei ragazzi si trasformano nell’ironia e nelle frasi ad effetto di guerrieri che scherzano con la morte.
Anche in questo caso lo stacco non è forzato ma naturale, quasi liberatorio, e il procedere parallelo dei piani temporali aumenta l’attesa per gli sviluppi futuri delle due sottotrame, mentre il mistero dietro all’evento fondante della storia s’infittisce.
Un ottimo fumetto, allora?
Non solo.
NOI NON FACCIAMO ARTE, FACCIAMO FUMETTI
Togliamoci subito il dente.
Orfani salverà il fumetto italiano?
Non credo.
Pensare che un singolo prodotto possa risollevare l’intero settore è romantico, ma piuttosto ingenuo. Quel che di sicuro potrà fare è mostrare a tutti che in Italia un’industria del fumetto è possibile. Nell’accezione migliore del termine. La novità più rilevante riguarda infatti il metodo, non la sostanza. La nuova serie Bonelli è, prima ancora di un ottimo fumetto, un progetto costruito con maestria, in cui la realizzazione cartacea costituisce solo una parte. Lo spessore dell’universo di Orfani, e dello studio fatto non solo sulla trama ma anche sull’impronta grafica, traspare da ogni vignetta, accuratamente studiata per il suo target. Un processo che nel marketing non è nuovo, ma che raramente troviamo applicato al fumetto.
La nuova creatura di Recchioni e Mammucari è infatti molto ben posizionata, a cavallo tra generazioni e culture così vicine da stupirsi che non siano ancora state accomunate nel mercato italiano, come invece da tempo si fa nelle altre industrie del fumetto mondiale. La comunicazione capillare, del tutto inedita per Bonelli, ha infatti cercato di allargare il bacino dei possibili lettori a coloro che normalmente non frequentano le edicole, ma si servono di altre forme d’intrattenimento che di fumetto, e cinema, sono parenti strette. Per farlo è stata usata la cassa di risonanza del colore (poi utilizzato magistralmente anche come strumento narrativo), i nomi di grido degli autori, lo stile grafico da videogame e, ovviamente, la potenza virale del web.
Il business plan sembra non aver trascurato nemmeno l’aspetto critico del rientro dei costi, senza dubbio più elevati rispetto alle altre produzioni dell’editore. L’annuncio di una riedizione in volume da parte di Bao Publishing, la cui prossimità alla pubblicazione da edicola ha fatto storcere il naso a molti, è in realtà un ottimo espediente per ripartire i costi, oltre che una grande possibilità per superare uno dei limiti più curiosi del nostro mercato. A fronte di uno sforzo produttivo, e artistico, di certo non secondo a quello delle edizioni estere, gli albi popolari italiani hanno sempre sofferto un’inspiegabile volatilità. Superato il breve periodo dell’esposizione da edicola, erano infatti destinati a diventare pressoché irreperibili, in attesa di una possibile ristampa la cui vita sarebbe stata altrettanto effimera. Orfani pare non essere pronto per questo oblio. E se vi state chiedendo per quale motivo dovreste comprare due edizioni, mi spiace dirvi che non sono entrambe destinate a voi, che fate parte di quel piccolo sottoinsieme d’intersezione tra l’edicola e la libreria.
No, di Orfani non si butta via niente.
Come per il maiale.
PUOI CHIAMARCI ORFANI!
Non penso sia il caso di consigliarvi, o meno, il primo numero di questa nuova serie Bonelli, perché se siete arrivati a leggere fin qui so già che lo comprerete. Quel che posso dirvi è che Orfani è, da ogni punto di vista, un prodotto d’intrattenimento di altissimo livello, che difficilmente deluderà le aspettative dei suoi lettori.
Se siete lettori di fumetti, e lo siete, lo apprezzerete. Se siete editori o autori, lo studierete. Se siete giornalisti, probabilmente gli troverete dei difetti, ma difficilmente sarete in grado di dire che, sulla carta, non sia un prodotto destinato a vendere. Se questo basterà a fare di Orfani un successo istantaneo è difficile dirlo, ma non possiamo che lodare la lungimiranza con cui è stato immaginato e realizzato, sperando che sia davvero quel che serve per aprire quello spiraglio teorizzato, e sperato, da tanti.