Orange is the New Black (settima stagione): la recensione
Orange is the New Black finisce: l'ultima stagione è un lungo addio alle protagoniste, ma forse anche ad un modello di serie tv che va scomparendo
Dal 2017 sono Web Content Specialist l'area TV del network BAD. Qui sotto trovi i miei contatti social e tutti i miei contenuti per il sito: articoli, recensioni e speciali.
Sarebbe molto semplice definire l'ultima stagione come un lungo epilogo della serie. Ma sarebbe anche corretto. La settima stagione dello show è una lunga e irrinunciabile passerella di situazioni passate, di personaggi storici, di percorsi che arrivano ad un punto cruciale. Come ogni show che abbia una storia abbastanza lunga alla quale fare riferimento, anche questo gioca sull'omaggio a se stesso. Piper e le altre carcerate non vivono più solo nel momento, ma sono sempre più il risultato di un lunghissimo percorso. Ed è sempre più difficile costruire per loro vicende coerenti, che abbiano ancora un senso dopo tutte le prove e i cambiamenti che hanno subito. A volte ci si riesce, a volte no.
Questo è il pregio, ma anche lo scoglio da superare per la serie nell'ultima stagione: costruire una narrazione che sia coinvolgente a modo suo, tra il grottesco e il drammatico, tra risate amare e malessere umano. E con un cast così esteso – e così straordinario – si può solo fare l'elenco delle vicende più o meno riuscite. Taystee è un personaggio meraviglioso, col senno di poi la sua storia è la migliore della serie, la più coerente, la più umana. La ricompensa emotiva che offrono i suoi momenti in questa stagione non ha pari, e sorregge il peso della storia in più momenti. Ma questa è anche una stagione che conferma gli elementi storicamente forti: Nicky, Doggett, Suzanne, Gloria.
Con la fine di Orange is the New Black termina l'ultima serie della prima ondata di prodotti originali sulla piattaforma. E sembra già passato tantissimo tempo dal quel debutto. Il più grande merito della serie è stato quello di proporre un modello diverso di narrazione, interamente al femminile, in un contesto carcerario tradizionalmente a vocazione maschile. Un tipo di scrittura diverso era possibile, e questi personaggi graffianti, cattivi, continuamente messi in discussione l'hanno dimostrato. GLOW, sempre su Netflix e sempre prodotto da Jenji Kohan, raccoglie il testimone.