Only the Animals - Storie di spiriti amanti, la recensione

Tra le altre cose Only the Animals emula con buoni risultati il misticismo di Fargo, riuscendo a coniugare ambiguità magica e un intreccio esasperato con una discreta dose di ironia dell’assurdo.

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La nostra recensione di Only the Animals - Storie di spiriti amanti, al cinema dal 12 maggio

Mancava giusto la scritta “This is a true story” ad inizio film per sigillare il legame di evidente derivazione di Only the Animals - Storie di spiriti amanti di Dominik Moll dall’ecosistema narrativo di Fargo (ormai immaginario autonomo da quando è stato serializzato da Noah Hawley). Adattato dal romanzo di Colin Niel, Only the Animals assorbe infatti dal celebre precedente non solo il suo aspetto di crime dagli orizzonti innevati, i suoi personaggi pieni di segreti, goffi e incapaci di controllare ciò che gli succede (ma illusi, tramite le loro azioni, di stare muovendo qualcosa), e la sua struttura di puzzle extra-ordinario: Only the Animals ne emula anche, con buoni risultati, lo stesso misticismo, riuscendo a coniugare ambiguità magica e un intreccio esasperato con una discreta dose di ironia dell’assurdo.

Ambientato in una località montana della Francia durante un gelido inverno, il film è suddiviso per capitoli, ognuno corrispondente alla prospettiva di un singolo personaggio sulla stessa manciata di eventi. L’incidente scatenante è la scomparsa di una donna, tale Evelyne Ducat (Valeria Bruni Tedeschi), che tra rivelazioni, colpi di scena e collegamenti impensabili a lungo raggio (la parte in Africa è un tocco di classe) unisce in un turbinio di sentimenti e caos cinque personaggi (tra cui Laure Calamy e Denis Ménochet, che qui interpretano una coppia tristemente sposata).

Sospinto dalla curiosità che riesce a generare e a mantenere a partire dall’evento iniziale, Only the Animals si affossa un po’ nella parte centrale, meno coinvolgente e abbastanza ripetitiva al suo interno. Se è vero che il ritmo del film, fin dall’inizio, si annuncia come piuttosto rilassato e contemplativo (tra visioni, dialoghi lenti, sguardi persi nel vuoto), Only the Animals nel dividersi così definitivamente tra un personaggio e l’altro nelle varie parti risente un po’ della differenza di interesse che sa generare più o meno bene dal racconto di ciascuno. Banalmente, certi personaggi sono molto meno interessanti di altri, ma dovendoli seguire per intero fino alla conclusione della loro parte rendono un po’ meno forte un intreccio che invece, visto da lontano e assorbito nel finale, è molto ben congegnato.

In buona parte, Only the Animals sembra interessarsi più al gioco in sé del puzzle narrativo che a riferire uno sguardo specifico su ciò che sta raccontando: in questo senso, da Fargo e dal suo affascinante irrazionalismo siamo piuttosto lontani. Nonostante ciò Dominik Moll riesce a tenerci incollati fino alla fine, facendo di Only the Animals un film che non delude le aspettative.

Siete d’accordo con la nostra recensione di Only the Animals - Storie di spiriti amanti? Scrivetelo nei commenti!

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