Onimusha: Warlords è ancora godibile, ma decadente - Recensione
La riedizione di un grande classico: la recensione di Onimusha: Warlords
Una versione che promette diverse migliorie e novità rispetto all’originale, riportandoci alla guida del samurai Samanosuke Akechi, nonché della kunoichi Kaede, entrambi decisi a salvare la principessa Yuki da schiere di demoni. Per chi non conoscesse la storia è bene sapere che gli invasori del castello hanno resuscitato il malvagio Nobunaga Oda, un terribile Signore feudale, per esaudire i loro desideri. Qui entriamo in gioco noi, in un mix di combattimenti all’arma bianca (tanti) e (occasionali) puzzle, in un’atmosfera decisamente vecchio stile, creata dalla costruzione scenografica degli ambienti e dalla spigolosità grafica dei personaggi.
Il gameplay offre due varianti di difficoltà, Facile (novità della riedizione) e Normale, per goderci al meglio la narrazione e la storia oppure per sfidare all'ultimo sangue una serie di nemici sempre più tenaci e difficili da battere, i quali però si riveleranno piuttosto ripetitivi e prevedibili, utilizzando sempre le stesse tecniche, nonché fin troppo insistenti, dato che appariranno in maniera costante e, a lungo andare, infastidente. In caso di difficoltà potremo utilizzare il sopracitato Guanto degli Oni, in grado di assorbire le anime dei demoni sconfitti, di tre colori diversi, a seconda delle loro funzioni. Solo assorbendole tutte e visitando gli Specchi Magici potremo potenziare le armi e altri oggetti. Ma quale potere si cela all’interno della Fluorite, una delle sostanze più importanti della storia?
[caption id="attachment_192663" align="aligncenter" width="1920"] Kaede combatte secondo uno stile totalmente diverso da quello di Samanosuke[/caption]
Dei diversi achievement in game, facenti parte di un sistema chiaramente nuovo e assente nella versione originale, uno dei più importanti è il raggiungimento dell’en plein nel collezionare tutti e 56 gli Onori, una sfida non difficilissima, se contiamo che le ore di gioco effettive sono davvero poche, attestabili attorno alle cinque per completare la storia. In definitiva se tanto successo era stato ottenuto ai tempi che furono, due generazioni dopo di console tira un’aria decisamente diversa, la produzione sente il peso di gameplay che gli anni hanno reso tutto sommato abbastanza piatto e ha quindi un suo senso quasi esclusivamente in ottica nostalgica.