One Piece (Stagione 1), la recensione

One Piece di Netflix è ancora lontano da essere il live action perfetto ma mostra di tenere molto all'opera, a partire dal cast principale

Condividi

One Piece, la recensione della stagione 1 dell'atteso live action, disponibile da oggi, 31 agosto, su Netflix.

Quando l'adattamento live action di One Piece venne annunciato nel 2017 da Netflix, come parte delle celebrazioni del ventesimo anniversario, le sensazioni nel fandom furono diverse: c'era chi aspettava con curiosità, chi già gridava alla tragedia, chi semplicemente dichiarava che sarebbe andato male come ogni altro live action tratto da un manga. Gli anni e gli annunci si susseguirono, dal cast al coinvolgimento dello stesso Eiichiro Oda come parte attiva dello show, fino ad arrivare a quel teaser trailer mostrato al TUDUM a inizio estate che divise ulteriormente gli animi.

Il trailer completo invece, riequilibrò le aspettative, rendendo fiduciosi anche alcuni dei più critici. E oggi, a sei anni di distanza, gli otto episodi della prima stagione di One Piece sono disponibili su Netflix. Ma a chi punta veramente un adattamento live action di One Piece? Ai fan del manga e dell'anime pronti a cercare ogni singolo pelo dell'uovo? O a un nuovo bacino di pubblico che non conosce ancora il fantastico e pazzo mondo creato da Eiichiro Oda più di venticinque anni fa?

One Piece, la trama della stagione 1

One Piece racconta di un mondo diviso tra pirati e marine, in cui vivono persone dalle grandi capacità e altre dalle terribili ambizioni. Un ragazzo di nome Luffy, fatto di gomma e capace di allungarsi a piacimento, vuole diventare il Re dei Pirati e trovare il One Piece, leggendario tesoro nascosto chissà dove lungo la rotta maggiore. In questa prima stagione Luffy muove i suoi primi passi nel mare orientale, incontrando quelli che diventeranno i suoi più grandi amici oltre che la sua fidata ciurma. Il cacciatore di pirati e provetto spadaccino Zoro, la ladra Nami, il cecchino Usopp e il cuoco Sanji, hanno tutti un sogno da realizzare e vedono in Luffy un aiuto per raggiungerlo.

Sulla strada verso il One Piece ci sono però anche pirati malvagi e i Marine, pronti a tutto per arrestare la ciurma di Cappello di Paglia. Gli otto episodi di questa prima stagione coprono (più o meno) i primi dieci volumi del manga, mostrando gioie e pericoli del mare orientale. Ogni puntata scritta da Matt Owens, Steven Maeda con la supervisione dello stesso Oda, lega di più la ciurma a Luffy, mostrando le vere capacità di quest'ultimo. One Piece è sempre stato un fantasy, e in questa sua nuova iterazione prova a raccontarsi da zero a un nuovo pubblico, non dimenticandosi però di chi già conosce gli eventi e regalando dei momenti e delle anticipazioni solo per loro.

Pirati e Marine: adattare One Piece

Adattare alla perfezione un'opera come One Piece è impossibile. Per tutta una sequela di motivi: siano il numero esagerato di capitoli (siamo al 1091), sia per l'eccentricità di alcuni personaggi o mostri. Chi si aspetta quindi un adattamento fedele 1:1 con il manga e l'anime è un vero sognatore, e resterà per forza di cose deluso. Quello che Owens e Maeda hanno fatto però, è qualcosa di più vicino possibile a un adattamento di un manga main-stream. I personaggi hanno la stessa chimica vista sulle pagine, dal primo all'ultimo membro della ciurma. Luffy (Inaki Godoy) è meno stupidotto rispetto alla controparte cartacea, ma trasuda lo stesso cuore e la caparbietà. Se tutta la ciurma (e gran parte dei comprimari) si sono calati nella parte, è lo Zoro di Mackenyu il vero vincitore di questa prima stagione. L'attore è riuscito a rendere veramente suo il personaggio fin dalle prime inquadrature, e sono sicuro che la sua performance metterà tutti d'accordo.

La serie di Netflix si prende qualche libertà, narrando in maniera diversa il rapporto tra marine e pirati. La storyline di Coby (Morgan Davies) ha molto più spazio in questa versione e potrebbe far storcere il naso al fan più intransigente del manga di Oda. Tutto sommato però, il taglia e cuci dell'adattamento di One Piece funziona, e racconta una storia fantasy coerente con il suo crescendo sia orizzontale che verticale.

Un adattamento tra alti e bassi

Con questo adattamento Owens e Maeda hanno limato alcune delle cose più irreali, dando un tono leggermente meno scanzonato rispetto all'opera originale. Viene però bilanciato con alcune uscite e alcuni momenti comunque sopra le righe (e puramente fantasy). E così Usopp perde il naso lungo, ma Buggy non perde il proprio naso da Clown, i protagonisti scherzano sul dare un nome alle tecniche, ma al contempo le enunciano convinti di aumentarne il potere. Spariscono tutte le smorfie estremizzate, ma si mantengono alcuni dei sorrisi più eloquenti (e a tratti paurosi) di alcuni dei personaggi. I lumacofoni diventano reali (e splendidamente realizzati) mentre spariscono i leoni ballerini e le mucche di mare. Si tratta di un bilanciamento che ci voleva visto il cambio di media e che non stona con l'opera in generale.

Per chi non ha mai visto o letto l'opera originale poi, One Piece di Netflix è semplicemente un buon fantasy da vedersi spaparanzati sul divano, tra un combattimento e una battuta sopra le righe. Con ogni episodio di One Piece ci si affeziona sempre di più alla ciurma di Luffy, e le espressioni beote di Inaki Godoy lo rendono un'adorabile cretino (pur non essendo un attore molto talentuoso).

In soccorso a una recitazione non proprio da premio Oscar, abbiamo quanto meno un doppiaggio italiano di alto livello, che può contare su alcune delle voci migliori degli ultimi anni, da Alessandro Campaiola a Alex Polidori, passando per Veronica Puccio, Maurizio Merluzzo e Manuel Meli.

La maledizione del live action

La produzione è stata affidata a Tomorrow Studios, che si è decisamente rialzata dopo lo scivolone fatto una paio di anni fa con Cowboy Bebop. Certo, a volte la CGI non è del tutto convincente soprattutto quella delle navi, e viene messa una pezza all'elasticità di Luffy ambientando i combattimenti per lo più al buio. In molte occasioni, inoltre, i costumi di alcuni personaggi fanno un "effetto cosplay", spento però da una fotografia un po' più scura, che non ne accentua i colori accesi. Era qualcosa di altamente prevedibile, data la natura eccentrica e sopra le righe dei personaggi nati sulle pagine del manga.

Quindi One Piece ha sconfitto la maledizione che affligge da anni i live action dei manga? Sì, non ci troviamo di fronte al nuovo Dragon Ball Evolution o al nuovo Death Note. One Piece di Netflix è diverso dal manga e dall'anime, e ha una sua identità rivestita dai costumi e dalle citazioni dell'opera originale. E come per ogni adattamento, ci sono alti e bassi, che troveranno o meno il favore del pubblico. La strada però è ancora lunga, nonostante questo sia sicuramente un buon inizio.

Si tratta del miglior live action tratto da un manga? Sì, ma non per forza per merito suo, bensì per demerito altrui. Se le alternative sono prodotti che snaturano l'opera base (Death Note, Dragon Ball Evolution, Ghost in the Shell) o fiacche e "finte" (Cowboy Bebop, Full Metal Alchemist), ben venga un progetto come questo.

One Piece di Netflix è ancora lontano da essere il live action perfetto. Però, l'intera produzione mostra di tenere molto all'opera di Eiichiro Oda, a partire dal cast principale, vera forza e cuore pulsante dell'intero show. La speranza, da fan dell'opera originale e da spettatore, e che si limino sempre di più gli errori e si cerchi di migliorare ulteriormente in una futura stagione 2, che credo non tarderà a venire confermata.

Continua a leggere su BadTaste