One Piece 78, la recensione

La saga di Dressrosa arriva al suo climax con l'inizio del combattimento tra Rufy e Doflamingo...

Carlo Alberto Montori nasce a Bologna all'età di 0 anni. Da allora si nutre di storie: lettore, spettatore, ascoltatore, attore, regista, scrittore.


Condividi

La saga di Dressrosa è ormai giunta al suo climax, seguendo un canovaccio ormai ben noto ai lettori di One Piece: dopo aver presentato la nuova tappa sulla Rotta Maggiore, giocando narrativamente con gli elementi caratteristici dell'ambientazione in modo più vario, Eiichiro Oda orchestra la resa dei conti tra i membri della ciurma di Cappello di Paglia e i loro avversari. Abbiamo quindi assistito a una serie di battaglie in cui i singoli personaggi affrontano gli ufficiali di Doflamingo, spesso utilizzando le nuove tecniche apprese durante il timeskip di cui ci è stato svelato ancora poco; dopo tanti anni e giunti ormai al tankobon 78 è sorprendente vedere come l'autore riesca a rendere gli scontri originali, evitando di ripetere scene già viste in passato. Ogni combattimento è ben caratterizzato e non si limita a un mero confronto di forza fisica, ma è costruito sui poteri dei personaggi, sulle caratteristiche dell'ambientazione o su particolari situazioni.

Dopo aver concluso in modo soddisfacente le ultime battaglie è ora giunto il momento della sfida tra Doflamingo e Rufy, che metterà fine alla vicenda e consentirà ai protagonisti di mettersi in viaggio verso una nuova isola. Lo scontro 1 VS 1 tra il protagonista e il nemico principale è l'unico meccanismo narrativo da cui Oda fatica a distaccarsi, ma è un elemento tipico degli shonen manga, un rituale epico al quale evidentemente l'autore è affezionato e vuole riproporre per dare risalto al suo personaggio principale. Riflettendo sulla struttura di One Piece però questa scelta è a tratti limitante, soprattutto considerando il pantheon di personaggi che Oda ha creato nella serie e le dinamiche narrative presenti in ogni saga che potrebbero confluire in un epilogo ben più accattivante di uno scontro da videogioco picchiaduro.

Il merito principale di One Piece è quello di costruire una comunità viva attorno alla vicenda: Rufy e i suoi compagni arrivano in società strutturate in cui la popolazione vive da tempo con determinate regole, con eventi passati che inevitabilmente influiscono sullo status quo attuale. Inoltre tutto ciò non è solo un'introduzione che serve per arricchire e caratterizzare le ambientazioni, ma ha un ruolo fondamentale nei combattimenti. Se pensiamo agli shonen manga più celebri, la maggior parte degli scontri hanno come location paesaggi desertici, praterie, zone ricche di rocce, un trucco che non ha finalità narrative ma vuole semplificare il lavoro del disegnatore, che può concentrarsi sui personaggi senza dover pensare al fondale in ogni singola vignetta. Oda non ricorre mai a questa scorciatoia e le sue scene d'azione avvengono in città, con numerosi edifici a ostacolare la lotta e gli abitanti che osservano la scena e cercano di salvarsi. Si ha la sensazione di assistere a un film catastrofico, un blockbuster hollywoodiano con migliaia di comparse che trasmettono la sensazione di caos e panico. Richiede sicuramente uno sforzo maggiore sul tavolo da disegno per Oda e i suoi assistenti, ma possiamo dire senza timore di essere smentiti che è uno dei fattori in grado di differenziare One Piece da tutti gli altri shonen manga.

Continua a leggere su BadTaste