One Piece 73, la recensione

Recensione di One Piece 73, numero che conferma la voglia di Eichiiro Oda di continuare a raccontare e la sua capacità di uscire dalle situazioni stagnanti

Alpinista, insegnante di Lettere, appassionato di quasi ogni forma di narrazione. Legge e mangia di tutto. Bravissimo a fare il risotto. Fa il pesto col mortaio, ora.


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Un numero importante, questo One Piece 73. Importante soprattutto per le ultime pagine che ci lasciano con una rivelazione che un po' attendevamo, confermano quanto di buono sa fare Eichiiro Oda e uno dei motivi fondamentali per cui il suo shonen continua a piacerci dopo tanti, tanti anni e continua a frantumare record di vendite in patria e all'estero.

I Mugiwara sono ancora dispersi per l'insidiosa isola di Dressrosa, governata dal pirata della Flotta dei Sette Donquijote Do Flamingo. Il piano dell'alleato Trafalgar Law per sconfiggerlo, minarne le basi del potere e dare il via a una serie di eventi che dovrebbero portare la sua ciurma e quella di Cappello di Paglia a scontrarsi con Kaido, uno dei Quattro Imperatori, non sta andando proprio secondo le previsioni. Ci sono molti misteri da svelare a Dressrosa: vecchi sovrani creduti traditori che si rivelano vittime di inganni e manipolazioni, popoli di folletti in cerca di vendetta, soldati, eroi, pirati e guerrieri che possono rappresentare una minaccia per Donquijote trasformati in giocattoli e cancellati dalla memoria della gente. L'isola è una colossale menzogna e sappiamo quanto Rufy e compagni, campioni della genuinità, amino le bugie di Usop ma detestino le menzogne. Rufy è ancora impegnato nell'arena, a combattere per cercare di recuperare il frutto Foco Foco che fu di suo fratello Ace, ma i suoi compagni hanno decisamente bisogno di lui, là fuori, perché Do Flamingo sarebbe già una minaccia sufficiente, ma al suo fianco c'è persino il nuovo ammiraglio della Marina. Ecco perché l'arrivo inaspettato di un valido sostituto nel torneo che assegnerà il Foco Foco è quantomai opportuno.

Non c'è niente da fare: Eichiiro Oda non riesce ad annoiarci. Molti lo criticano da tempo, accusandolo di aver rallentato il corso degli eventi, di non riuscire più a procedere con la trama e a narrare il viaggio della ciurma di Rufy con il ritmo e l'efficacia di un tempo. Critiche comprensibili, ma che ci trovano d'accordo soltanto in parte. Dopotutto, One Piece è sempre stato un racconto che procedeva per vie verticali, seguendo il classico andamento di uno shonen (nuovo nemico, crescita, vittoria- nuovo nemico, crescita, vittoria...) e contemporaneamente per vie orizzontali, tramite le trame e sottotrame dei vari comprimari più o meno importanti, l'evoluzione degli equilibri di potere tra i quattro mari e nel nuovo mondo, i misteri da svelare che sono sempre di più e sempre più complessi, destinati, prima o poi, a convergere sulla natura dello One Piece. Era scontato che le pedine sulla scacchiera si accumulassero, che le trame si infittissero, che le singole saghe della storia si complicassero e rallentassero. Meno scontata l'abilità di Oda nel farci emozionare ancora, nel gestire con sapienza lo svelarsi dei segreti, il ritorno dei personaggi lasciati solo apparentemente nel dimenticatoio, nel dipanare, per ora in maniera ancora ordinata, le linee narrative dell'intreccio. One Piece 73, nelle sue ultime pagine tanto sospirate, per quanto previste da molti, conferma questa abilità intatta, rimasta uguale in quasi vent'anni di storie nonostante questo manga ormai leggendario sia cambiato e stia ancora cambiando sotto i nostri occhi. Buona lettura.

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