One Day - la recensione
Romanticismo da anni '90, misto a ruffianaggine da anni 2000. Ma One Day funziona, anche grazie ad una superba Anne Hathaway...
Ci sono attrici da commedia romantica, attrici da dramma romantico e poi c'è Anne Hathaway.
Non è infatti il taglio rapido e secco di Lone Scherfig a fare la differenza (non arrivava a queste vette An Education, pur avendo una scrittura migliore, nè tantomeno Italiano per principianti), e non è nemmeno la scrittura di David Nicholls (che adatta con le consuete esigenze di sintesi un proprio romanzo) tantomeno l'inadeguatezza di Jim Sturgess (mai così fuori posto), quanto l'occhione comunicativo e i movimenti empatici di Anne Hathaway.
Come nei migliori casi anche per One Day il melodramma nostalgico (questa volta sono gli anni '90) è costellato di buchi, implausibilità e forzature (i due rimangono quasi uguali per 20 anni, solo al termine arrivano degli stonati capelli bianchi). Eppure, complice la forza di un intreccio molto ruffiano che ripercorre vent'anni mostrando sempre la medesima data (si procede di 15 luglio in 15 luglio), il film riesce a trovare una delle caratteristiche centrali del ventennio raccontato: l'isolamento sentimentale e la procastinazione di un legame causato dalla mancanza di audacia nel rischiare una relazione impegnativa. Un'idea già sfruttata con egual efficacia dal nostro Dieci Inverni.