Once Upon a Time 3x09 "Save Henry": recensione

Si conclude l'avventura di Once Upon a Time a Neverland, con la serie che ritorna quasi ai livelli della prima stagione

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Riassunto delle puntate precedenti in una frase: l'aria dell'Isola che non c'è ha giovato molto a Once Upon a Time. Nel luogo dove il tempo non esiste, non soltanto la serie ha smesso di invecchiare, ma è tornata quasi indietro nel tempo, a quella prima stagione dove, nonostante un soggetto di base che definire assurdo sarebbe un complimento, riusciva a far quadrare tutti gli elementi e ad avere un proprio equilibrio. Tutto ciò si era perso poi in una seconda stagione che si trascinava stancamente, accumulando villain pessimi e un'inesistente progettazione a lungo termine. Il tutto culminava nel rapimento di Henry da parte di Owen e Tamara e nel viaggio dei protagonisti verso Neverland. Con la nona puntata della stagione, intitolata abbastanza esplicitamente Save Henry, si completa il primo arco narrativo dell'anno, quello che conclude le disavventure sull'isola di Peter Pan. I nostri eroi tornano a casa, con qualche dissapore in meno (Rumple e Baelfire hanno finalmente fatto pace) e qualche maledizione in più (Peter e Henry si sono scambiati di corpo).

Once Upon a Time rimane una serie rassicurante, che poggia sui buoni sentimenti, le trovate estemporanee e un po' didascaliche (come quando per attraversare un ponte i nostri devono rivelare un segreto o come una corda che si fortifica con i rimorsi delle persone) e sulle poche sorprese. Quando tuttavia riesce a far funzionare l'ingranaggio narrativo nonostante tutti questi difetti, allora diventa uno spasso da seguire. L'aria magica dell'Isola che non c'è ha giovato molto alla serie, decisamente più a suo agio quando è calata in scenari magici piuttosto che nella più triste e quotidiana Storybrooke. Tutta la "mitologia" dell'isola, tranne gli indiani, è entrata in gioco, da Trilli ai bambini sperduti alla Roccia del Teschio alle sirene (per l'occasione è stata introdotta anche Ariel) e lo ha fatto in maniera funzionale e coinvolgente.

Il viaggio finisce con il presunto salvataggio di Henry, una salvezza che ha in Regina, piuttosto che in Emma o Rumple, la propria artefice principale. È su di lei che l'ultimo flashback di questo arco narrativo è incentrato, un insieme di ricordi che si inseriscono idealmente dopo gli eventi di Owen e suo padre e il loro arrivo sfortunato nella città di Storybrooke. Regina tenta di colmare il vuoto nel proprio cuore: nel farlo chiede aiuto, in uno scambio molto divertente, a Mr. Gold. Scatta per Rumple l'ultima parte dell'operazione che lo avrebbe visto libero di lasciare la città del Maine per andare alla ricerca di Baelfire. Guida l'adozione di Henry, consapevole – come sappiamo Rumple è l'unico insieme a Regina a non aver perso la memoria – che Emma un giorno sarebbe arrivata in città. I primi approcci materni di Regina verso il neonato sono belli, piacevoli, funzionali nel costruire un personaggio che, nonostante sia stato portato avanti in maniera schizofrenica nella seconda stagione, rimane uno dei più interessanti.

Sull'Isola la faccenda si risolve intanto in modo piuttosto veloce e non troppo elaborato. Con un monologo sull'avere una casa e una mamma Emma convince i bimbi ad aiutarli nella ricerca, Regina atterra Pan con semplicità imbarazzante e la Jolly Roger riprende a navigare. Qualcosa di simile, nel senso di risoluzione veloce, si era già vista a metà dello scorso anno con il ritorno a Storybrooke di Emma e Biancaneve. Le più elementari regole di scrittura di una serie impongono come ovviamente non si possa chiudere una porta senza aprirne una nuova, e quindi ecco lo sgradevole (un po' per la recitazione non proprio impeccabile di Jared Gilmore, un po' per il suo essere "calato dall'alto") scambio di corpi tra Pan e Henry. Un gruppo molto più numeroso ritorna a Storybrooke, lo fa senza grandi storyline all'orizzonte e nel luogo dove la scrittura della serie lo scorso anno ha trovato un serio ostacolo.

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