Once Upon a Time: la recensione della prima parte della seconda stagione
Il commento alla prima parte della seconda stagione dello show della ABC...
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Il riuscito esperimento della prima stagione di Once Upon a Time aveva visto, per l'ennesima volta nel corso dell'ultimo decennio, un nuovo restyling dell'immaginario fiabesco, riletto anche stavolta in chiave moderna ma con meno concessioni alla cultura pop rispetto ad un qualsiasi Shrek e con una maggiore attenzione alla preservazione di quella dimensione "sentimentale" codificata negli anni dalla Disney. La scommessa, tutt'altro che sicura, della ABC era stata vinta, ma quale è stata la formula magica alla base e, soprattutto, è stata replicata in questo inizio di seconda stagione?
Poi, alla fine della prima stagione, tutto è cambiato. La maledizione è stata spezzata e la magia è giunta nel nostro mondo. Per Once Upon a Time ciò ha significato rinnovare completamente la propria struttura, anche se più che di rinnovamento si dovrebbe parlare di ampliamento. "More of the same", logicamente, eppure la prima sensazione che viene in mente osservando questo inizio di seconda stagione è che, se da un lato gli orizzonti narrativi di questo immenso universo non conoscono confini, d'altra parte sarebbero apprezzabili delle linee guida che possano delineare meglio ciò ne potrebbe fare parte o no.
Inizia la seconda stagione dunque, e in fretta viene posta sul cammino dei protagonisti la nuova sfida. Con un ribaltamento quasi speculare rispetto alla prima stagione, stavolta è Emma, la prescelta, a trovarsi intrappolata in un mondo non suo, quello delle fiabe. Come previsto "Hat Trick" (e il suo salone con i simboli sulle porte che in qualche modo ricordava la soluzione visiva di Nightmare Before Christmas) si è rivelata una delle puntate più importanti della prima stagione, nell'ottica dell'introduzione ai vari portali dei mondi magici e non. Ed ecco dunque fare la loro comparsa in breve Mulan, Lancillotto, Uncino e, dulcis in fundo, il Dr. Whale alias Victor Frankenstein. Se per i primi tre è possibile trovare una motivazione, è davvero difficile inquadrare in questo immenso immaginario lo scienziato creato da Mary Shelley. A difesa degli autori si può dire come la sua identità fosse pensata fin dall'inizio (il riferimento è al regista James Whale), eppure alcune perplessità rimangono.
Rimane molto alto l'interesse per il proseguimento della stagione, finora comunque soddisfacente, così come rimane la speranza che gli autori riescano a gestire il vastissimo materiale a loro disposizione, dosando i tempi e senza cadere vittima di sortilegi...