Once Upon a Time 2: la recensione del season finale
Deludente e scialbo, il finale di stagione di Once Upon a Time non fa sperare nulla di buono per il futuro della serie
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Un re! - diranno subito i miei piccoli lettori. No, ragazzi, avete sbagliato. C'era una volta un bel telefilm. Non era un telefilm di una rete via cavo, ma un semplice prodotto di una rete broadcast, di quelli che, pur con le loro ingenuità e i loro piccoli difetti riescono, grazie al loro cuore, ad accendere il tuo interesse e a risvegliare la tua curiosità. C'era appunto, perché con la fine non troppo gloriosa della seconda stagione di Once Upon a Time si è decisamente dato un taglio a qualunque collegamento con il bel passato dello show e tutto è stato consegnato nelle mani di un futuro ancora da scrivere e molto probabilmente ancora da ideare ma che non preannuncia nulla di buono per il prossimo anno della serie.
Raccontare le vicende contenute in And Straight On 'Til Morning significa riprendere in pratica tutti i difetti che hanno dominato la seconda parte della stagione, a partire dal momento del ritorno di Emma e Snow a Storybrooke per capirci. Se fino a poco tempo fa uno dei pregi migliori dello show era quello di riuscire a tenere alto l'interesse pur non tirandola per le lunghe con storyline che apparentemente avrebbero occupato molto più spazio (dalla maledizione alla fuga da Fairyland alla sfida con Cora) in queste ultime puntate questo concetto è stato estremizzato trasformandosi in un difetto. Semplicemente la sensazione è quella di una grande mancanza di progettualità, di visione a lungo termine, e che gli archi narrativi siano sviluppati con poca cura.
L'importante è che ci sia ancora un boss da battere, poco importa che si tratti dei due mediocri Tamara e Greg e delle loro folli macchinazioni. L'importante è che Regina rimanga perennemente in bilico tra il desiderio di accettazione e la sua sete di vendetta, poco importa che nella pratica questo faccia di lei un personaggio completamente squilibrato che si stupisce nel momento in cui chi sta di fronte a lei non la ama dopo che ha promesso di compiere, o addirittura ha compiuto un massacro. L'importante è che Rumple e Belle non stiano mai insieme in santa pace e che il primo non riesca ad amare, poco importa se ciò dà vita alla storyline di Lacey, probabilmente la cosa peggiore mai vista nello show. Analizzando lo sviluppo narrativo di questo finale c'è la conferma della sensazione che gli autori innanzitutto pensino ad un modo per far avanzare la trama e solo dopo lo adattino e modellino sui propri personaggi, prescindendo completamente dal loro carattere e da quelle che dovrebbero essere le loro normali reazioni.
Partono dunque i nostri eroi da Storybrooke, diretti all'Isola che non c'è per salvare Henry con la stessa determinazione con la quale hanno deciso arbitrariamente che Bae fosse morto cadendo nel portale. La rielaborazione in chiave più o meno dark della storia di Peter Pan è una boccata d'aria fresca e l'unico vero motivo d'interesse nel doppio finale di stagione che trova nel flashback i suoi momenti migliori. E rappresenta una buona inversione di rotta, se di questo di tratta, nella decisione di utilizzare finalmente in maniera attiva dei reali personaggi dell'immaginario fiabesco senza relegarli a semplici comparse (pessima l'apparizione di Robin Hood) e senza dover creare dal nulla dei villain originali (la madre della Regina Cattiva o i due innamorati con il taser incantato). Insomma a questo punto C'era una volta... e probabilmente non ci sarà mai più.