Once Upon a Time 2x17 "Welcome to Storybrooke": la recensione

In una bella puntata sul confronto tra passato e presente, scopriamo qualcosa di più sul personaggio di Regina...

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Welcome to Storybrooke, ovvero Attraverso lo specchio e quel che Regina vi trovò. Dopo lo sconvolgimento narrativo dell'ultima puntata, Once Upon a Time torna a riflettere su se stesso e sui nuovi equilibri da porre in gioco per il finale della seconda stagione. E lo fa affidandosi completamente al suo personaggio più rappresentativo: Regina. La crudele matrigna che si guarda allo specchio è uno dei momenti più iconici del mondo delle fiabe. Stavolta però quello specchio non è fatto di un materiale così tangibile come il vetro. È il riflesso dei ricordi, di ciò che fu e che poteva essere all'alba della nostra storia.

Cosa è veramente cambiato in 28 anni nell'animo di Regina? Apparentemente nulla, o questo almeno è quanto il continuo gioco di flashback e rimandi al presente ci vorrebbe suggerire, mostrandoci sempre quel personaggio tormentato, infelice, solo e desideroso d'amore che ben conosciamo. La maledizione è appena stata lanciata, e la nostra protagonista si aggira per il paese constatandone e gioendone per gli effetti sui suoi nemici. All'inizio della serie non era ben chiaro in effetti quale vittoria potesse mai essere quella di fare il sindaco in una città dove nessuno si ricordava nulla. La puntata risponde molto bene a questa domanda e lo fa dandoci la risposta che non ci aspettavamo: e se, a dispetto di tutto quello che è stato detto finora, la maledizione fosse stata lanciata non per cercare vendetta, ma perché era l'unico modo per farsi amare?

Ma Regina capisce presto che questo sentimento non si può comprare, e affida le proprie egoistiche (e un pò malate) speranze in due malcapitati rimasti intrappolati nella città al momento del lancio della maledizione. Al centro di tutto c'è sempre l'amore di un bambino, quello che non sarebbe mai riuscita ad avere con Daniel, quello a cui pensa costantemente (come si capisce dall'espressione quando le viene chiesto perché non ne ha mai avuti), quello che nel futuro è rappresentato da Henry, che lui lo voglia o no. Il finale, più o meno conciliante, di puntata, ci mostra che per Regina qualcosa in questi 28 anni sembrerebbe effettivamente essere cambiato, e che la chiave del prossimo cambiamento (tanto per lei ma anche, come sappiamo, per Tremotino) è rappresentata proprio da Henry.

L'episodio continua la scia positiva del precedente, ha il buon merito di illuminare alcuni momenti della trama non particolarmente chiari (la gestione del tempo nei 28 anni a Storybrooke rimane abbastanza folle da immaginare, ma è apprezzabile il tentativo dello show di affrontarla) e di riprendere con efficacia una sottotrama – comunque rinviata per troppo tempo – come quella dell'uomo giunto dall'esterno in città (e il colpo di scena finale risponde anche ad una serie di questioni che erano sorte sulla "verosimiglianza" della sua storia). Ma il più grande complimento alla puntata è quello di avere una sua coerenza interna, di funzionare nella sua costruzione di un discorso che, superando il pericolo di sfociare nel "già visto", riesce a raccontarci qualcosa di più su un personaggio che pensavamo di aver ormai inquadrato perfettamente.

Difetti? Mary Margaret. Che Henry possa ritenere assurdo per Biancaneve commettere una violenza contro qualcuno, anche dopo tutto ciò che ha subito, ci può anche stare, e idem per i sensi di colpa della poverina. Ma farne il probabile punto centrale delle ultime puntate di stagione è troppo esagerato. Sembra quasi un'ammissione di colpa di uno show che ha tra i suoi peggiori limiti quello di una distanza eccessivamente marcata tra buoni e cattivi e che quasi si sente in colpa per aver osato un pò troppo in questo senso sporcando Biancaneve e il suo cuore. E a questo punto si tratta non solo del "cosa" ma anche del "come" raffigurare il dolore: anzichè mostrare Snow per tutta la puntata inerme a letto e far vedere una macchia nera sul suo cuore ci sarebbe piaciuto vedere qualcosa di meno didascalico.

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