Old Man & The Gun, la recensione

Sorprendente e tarato tutto su Robert Redford, Old Man & The Gun è cinema della terza età girato e pensato come cinema vero

Critico e giornalista cinematografico


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L’idea folle di girare il proprio ultimo film da attore con un regista come David Lowery (La storia di un fantasma), che proprio sulla recitazione fa un lavoro particolarissimo che ha idee di regia lontane dal mainstream e che sembra saper mettere in risalto le componenti meno usuali delle storie si rivela centratissima. Old Man & The Gun è puro cinema da terza età, un film che racconta come una persona anziana faccia cose da giovani a modo suo, il cinema del “non è mai troppo tardi per qualsiasi cosa” e dell’esaltazione delle virtù anziane, eppure è anche un film di clamorosa essenzialità che conquista con lentezza come il suo protagonista e invece che imporci il suo protagonismo ce lo fa apprezzare e riconoscere.

A partire da un articolo di giornale su un rapinatore di banche gentiluomo, che non usava pistole ma sorrisi, che usciva con i soldi senza farsi notare e seminava le auto della polizia senza correre, Lowery trae un film in cui il fatto più clamoroso (ovvero questo stile di rapina) passa subito in secondo piano per far strada allo charme. Come se fosse conscio che l’unica cosa che possa rendere credibile il film sia il suo protagonista punta tutto su Redford e gli gira intorno un film che lo esalta in maniere non convenzionali.

Old Man & The Gun trasforma l’atto del rapinare e poi fuggire in una pratica gentile da che ci è sempre raccontata come una furiosa, lo fa diventare una questione di lentezza, calma, sorrisi e grande fascino. Somiglia ad una buona azione, una trovata perfetta per il buonismo da cinema della terza età. Il film contiene il più ovvio degli elogi della calma e della lentezza ma ha l’intelligenza di non farlo mai a parole. Lowery centra perfettamente la soluzione di regia centrale del film: come spiegare al pubblico perché quest’uomo riuscisse a rapinare le banche a quel modo. Non lo fa mai vedere, non riprende la sua tecnica, né le sue parole o le sue frasi ma si concentra su Redford e sul suo fascino. Lo vediamo parlare ma non nelle rapine e capiamo come e cosa facesse, perché nessuno riesca a dire di no a quei toni.

Rapinatore con etica, gentleman con le signore e ultimo romantico, proprio quando sembra instradato verso il più mieloso dei lieto fine il protagonista ha poi un’evoluzione incredibile negli ultimi minuti. In maniera imprevedibile dopo un montaggio di grandi evasioni della sua vita passata, in cui compare anche un’immagine da La Caccia che vede un giovane Redford scappare (ed è montata benissimo per non stonare), stempera ogni romanticismo canonico per cercarne uno più sofisticato più egoista e maschile.

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