Old, la recensione
Con Old torna il lato oscuro di M. Night Shyamalan, quello dei film implausibili con spiegazioni assurde che innervosiscono più che appassionare
La premessa di Old che viene spoilerata già dal trailer è che i protagonisti finiscono su una spiaggia in cui il tempo passa velocissimo. I bambini crescono in un attimo, gli anziani muoiono, gli adulti invecchiano e nessuno riesce ad andarsene. Tutto il film è uno showcase di conseguenze, implicazioni e reazioni ad una simile premessa fino a che nel finale viene chiuso l’intreccio e arrivano le risposte. Risposte disarmanti come solo Shyamalan sa concepirne.
Sono molte le piccole grandi sperimentazioni tecniche in Old. Ad esempio quando i protagonisti arrivano alla spiaggia alla consueta colonna sonora viene aggiunto un ticchettio di orologio che sembra uscire dalla colonna audio di un film di Christopher Nolan. Shyamalan insomma si complica la vita su una storia che di suo sarebbe molto semplice, si inventa tutte le possibili soluzioni per non inquadrare i bambini mentre crescono, almeno fino a che non hanno raggiunto l’età buona per cambiare attore o attrice.
Per entrare davvero nel film bisognerebbe condividere l’idea di cinema di Shyamalan al 100%, quell’idea per la quale la plausibilità non conta assolutamente niente e non c’è nemmeno bisogno di fingere che conti. Si può stare per tantissimo tempo sott’acqua senza nemmeno avere timore di finire l’ossigeno nei polmoni e si possono prendere decisioni impensabili di continuo. Conta solo la messa in scena, il meccanismo. Ma stavolta, senza suspense, senza tensione e senza troppa azione il film proprio non regge.