Old Boy

Un uomo è sequestrato e imprigionato in un appartamento per quindici anni, mentre la moglie viene uccisa e lui è sospettato dell’omicidio. E’ solo l’inizio di uno dei film più originali degli ultimi anni...

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Difficile ricordare una pellicola recente in cui ogni singola scena è un gioiellino, in cui ogni sequenza brilla per inventiva, come capita per Old Boy. A livello visivo, si tratta di una gioia per gli occhi, con una libertà da nouvelle vague, ma senza che le numerose idee formali facciano perdere di vista la storia.
Che, peraltro, è tra le cose più intelligenti degli ultimi anni, non solo per la capacità di sconvolgere lo spettatore, ma anche per come riesce a non rimanere vittima della fascinazione per la violenza. A differenza di tante pellicole hollywoodiane (magari legate, in qualche modo, a Natural Born Killers, o anche le tante imitazioni tarantiniane superficiali che hanno imperversato a metà anni novanta), Old Boy non sfrutta senza scrupoli il voyeur che è in noi, ma ci ricorda correttamente che la vendetta, in definitiva, non risolve niente.
Anche perché le scene di forte impatto (non più di 3-4 e tutte assolutamente decisive per lo sviluppo degli eventi) non sono assolutamente gratuite e compiaciute come si potrebbe temere (anche se gli animalisti avranno da ridire).

Difficile dire quali siano gli aspetti migliori, in questo che potrebbe essere un film di Jean-Pierre Melville, se al furore iconoclasta di Park Chan-Wook venisse sostituito il fascino e lo stile del regista francese. Tutti gli attori riescono ad essere molto convincenti, nonostante debbano dar vita a personaggi molto particolari. Ovviamente, la menzione speciale va al protagonista Choi Min-Sik, capace di passare in maniera credibile da uno stato di paura ad un’esplosione di violenza in un battito di ciglia.
E il lavoro sulle scenografie, in particolare sul contrasto tra ambienti squallidissimi e palazzi di lusso, è notevolissimo e assolutamente determinante. E anche i dialoghi sono fantastici, con decine di frasi geniali che riescono a non scivolare nel ridicolo involontario: un pericolo molto forte, ma evitato con grande maestria.
Il tutto riesce a far passare due ore senza pensare assolutamente al fatto che la vicenda è quantomeno, per usare un eufemismo, improbabile.

Di scene memorabili, poi, ce ne sono un’enormità . L’incontro con l’aspirante suicida, la scena in bagno tra i due protagonisti, un incredibile piano sequenza di cinque minuti. E questo solo per citare la prima parte della pellicola.
E quando ci si aspetta un (normale) calo e un finale poco convincente, ecco che arriva una zampata impressionante, che ribalta tutto il senso della storia.
Difficile dire chi, alla fine, abbia prevalso in questo “gioco” (come lo definisce uno dei protagonisti). Di sicuro, viene alla mente l’immortale frase “vittima di un atroce scherzo di sapore mitologico”...

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