Odio l'estate, la recensione
Il tentativo di ritorno alle origini di Aldo, Giovanni e Giacomo diventa in Odio L'Estate un summer movie generico, con più tenerezza che divertimento
ODIO L'ESTATE, DI MASSIMO VENIER: LA RECENSIONE
In una specie di strana e casuale controprogrammazione di Figli di Giuseppe Bonito arriva Odio l’estate, il primo film di Aldo, Giovanni e Giacomo a cercare esplicitamente il pubblico dei padri, a mettere insieme avventure di genitori e avventure di figli (sempre accoppiati come i primi non vorrebbero), in un summer movie invernale.
Odio l’estate, quando presenta i conflitti, sembra quasi Ferie d’agosto con una sorta di facile semplicismo umano al posto del coté politico. E l’unico conflitto reale a cui il film sembra tenere è quello tra genitori e figli. Ognuna delle tre famiglie ha una questione con il figlio, ha un rapporto difficile per via dell’età o per altre cause. La soluzione è sempre affidarsi alle madri, fare un passo indietro, essere sinceri e soprattutto dar loro sempre ragione. Niente di più (in questo senso allora forse è meglio dire che è il rovescio della medaglia di Figli, che del rapporto coi figli fa una questione più complicata).
Tutto questo chiaramente ha però scarsa importanza di fronte alla forza comica, che da sempre è il punto vero dei film del trio. E quella, qui, manca. Non manca perché sbaglino qualcosa, perché le gag non funzionino, ma proprio perché non ci sono. La scelta va nella direzione di una comicità molto asciugata, non c’è il continuo umorismo, la ricerca continua di una risata per ogni scena come avveniva nell’inarrivabile Tre uomini e una gamba, ma semmai un tono medio, un sorriso contenuto da tenere a fatica lungo il minutaggio e paradossalmente affidato più che altro a Michele Placido, carabiniere di paese che imperversa nelle loro avventure come un comprimario. Ai tre stanno più che altro qualche tormentone e gli accorati sguardi sentimentali.
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